Andrea Amaducci lascia Ferrara. L’artista irriverente, diventato famoso in città per l’inconfondibile alieno e per le sue posizioni spesso provocatorie in ambito politico-culturale, si prepara a salutare la città estense.
“Non so davvero come dirlo, lo faccio nel modo più semplice: sento che il mio cammino nella splendida Ferrara è terminato e oggi mi sento di dirlo con tranquillità” è il messaggio di ‘arrivederci’ che Amaducci scrive sulla sua pagina Facebook.
La motivazione? “Ho bisogno di altre sfide, di altri luoghi, di altro – spiega l’artista performer -. Devo molto a tutti voi, moltissimo. Non è un addio, abiteremo ancora un po’ qui, ma le cose cambieranno. Vi volevo salutare, tutti, nessun escluso, con una mostra che è davvero il succo del mio lavoro di artista visivo e performer. Tirare una linea di cambiamento chiara per me ma anche per amici e conoscenti. Nuovi modi e nuovi mondi. Speriamo alieni…”.
L’ultima esposizione si intitola “Degrado 4 All” e sarà in mostra dal 2 al 31 dicembre presso la galleria Cloister in corso Porta Reno 45, a cura di Andrea Penzo e Cristina Fiore grazie alla disponibilità di Alessandro Davì, “che ringrazio per l’opportunità, generatasi quasi per caso”.
A chi gli chiede i motivi di questa ‘fuga’, la risposta è chiara: “Oggi secondo me non si può più scappare, andare via…tutto è liquidissimo. E’ stato un processo doloroso, dolorosissimo, ma mi sembra di essere consapevole di potere fare di più per me stesso, per la mia famiglia e anche per la città stessa, non standoci più. In vent’anni di lavoro ed esperienze pluristratificate ho incontrato veramente tante persone in gamba dislocate su tutto il pianeta terra, è ora di andarle a trovare. Ho una gran voglia di concentrarmi sui miei contenuti di artista e nulla cambierà nel mio profondo spirito di condivisione. Ci sono artisti in città degni di contesti metropolitani, cominciamo a farle succedere queste cose, a connettere per davvero”.
Il saluto è accompagnato da un’immagine dell’immancabile alieno. “Un vecchio alieno del 2006, ancora con gli occhi piccoli e alti – precisa Amaducci – che ha una luce alle spalle perché sta andando verso un’altra luce, tutto qui. Si cambia. Dietro alla tela, con un pastello verde quasi cancellato si legge: “Dipinto dal vivo al Jazz Club di Ferrara durante un concerto di Standhard Trio, piano Alfonso Santimone, bass Alessandro Fedrigo, drums Gianni Bertoncini” che era la mia band preferita di allora e adesso non esiste più in quella forma, ma le cose vanno avanti”. Nei mondi reali e in quelli alieni.
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