Cronaca
11 Maggio 2017
I figli della vittima chiedono se ci sono responsabilità penali in capo agli organi di pubblica sicurezza

Igor, una denuncia in procura per “l’omicidio evitabile” di Verri

di Marco Zavagli | 3 min

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La morte di Valerio Verri poteva essere evitata. Bastava assumere le cautele del caso previste dalla legge. Ne sono certi i figli della seconda vittima di “Igor”, Norbert Feher alias Igor Vaclavic.

Per questo ieri mattina Francesca ed Emanuele, i figli della guardia ecologica volontaria freddata dal killer di Subotica, da un mese l’uomo più ricercato d’Italia, hanno fatto depositare al loro avvocato, Fabio Anselmo, una denuncia esposto in procura.

Nel documento si riassumono a livello cronologico e consequenziale gli eventi che hanno portato alla tragedia dell’8 aprile.

Tutto parte da quell’inquietante aggressione subita da una guardia giurata a Consandolo la notte tra il 29 e il 30 marzo. Alle 2.30 circa un uomo armato di fucile aggredisce e disarma un dipendente della Securpol accorso per un allarme scattato in una piadineria. L’arma sottratta è quella Smith&Wesson argentata calibro 9×21 che il giorno dopo ucciderà Davide Fabbri a Budrio.

Un episodio che avrebbe dovuto, secondo i Verri, far scattare subito un campanello di allarme nelle forze dell’ordine. L’obiettivo del malvivente infatti non poteva essere la piadineria, bensì la pistola che poteva essergli utile per ulteriori crimini.

E invece la mattina successiva praticamente l’intero organico dei carabinieri della provincia di Ferrara venne impegnato in una maxi retata in zona Gad.

Nell’operazione vennero impiegati 50 militari tra cui anche quelli della Compagnia di Portomaggiore, competente territorialmente per le indagini nella zona di Consandolo.

Già il giorno dopo la stampa riferisce di sospetti fondati sulla possibile identità dell’aggressore della guardia giurata. La descrizione fatta dalla vittima fa pensare a quell’Igor Vaclavic già arrestato in due occasioni per furti e rapine nel Polesine e nell’Argentano, rispettivamente nel 2007 e nel 2010. Lo stesso giorno avviene l’omicidio di Fabbri, il barista di Riccardina di Budrio.

La descrizione della moglie della vittima riconduce all’identikit del killer che allora si credeva di origini russe.

Si arriva quindi al 3 aprile, quando l’Ansa fa sapere che gli inquirenti sono sulle tracce dell’ex militare, già ricercato per tre rapine compiute nel 2015 insieme alla banda di Pajdek che ucciderà nel settembre di quell’anno Pier Luigi Tartari. Nel contempo si descriveva il killer come un profondo conoscitore delle zone del Mezzano, dove trovava rifugio da più di dieci anni. La stessa zona che una settimana dopo verrà identificata come “rossa” nell’ambito delle ricerche del fuggitivo.

Ecco perché, secondo l’esposto, era prevedibile che il criminale si nascondesse ancora in quei luoghi dopo l’assassinio di Fabbri.

Un pericolo tra l’altro diffuso tra le forze dell’ordine, visto la mattina del 4 aprile Marco Ravaglia, l’agente della Polizia provinciale rimasto gravemente ferito nell’agguato di Trava di Portomaggiore, aveva inviato un messaggio su un gruppo Whatsapp della Polizia Provinciale di Ferrara con la fotografia del ricercato, seguita dall’avviso del comandante del Corpo, Claudio Castagnoli: “Se lo si vede chiamare Carabinieri e stare lontano”.

Ma giorni dopo, l’8 aprile, quando la pattuglia con Ravaglia e Verri in servizio anti-bracconaggio lo incrocerà, sarà troppo tardi.

Anche il quel caso a sparare fu la pistola rubata a Consandolo. Eppure i pattugliamenti delle Guardie Ecologiche Volontarie nella zona rossa verranno sospesi solo il giorno successivo.

Perchè allora, si chiedono i figli di Verri, dopo la rapina di Consandolo non sono stati intensificati i controlli per individuarne l’autore e il giorno successivo i carabinieri di Portomaggiore, competenti territorialmente per lo svolgimento delle indagini, vennero impiegati invece nella operazione antidroga in Gad?

Ma soprattutto perché non è stato dato subito l’allarme utile a impedire i pattugliamenti di guardie volontarie non addestrate né armate nella zona rossa per garantirne l’incolumità?

Le risposte Francesca ed Emanuele le demandano alla procura, investita del compito di capire se ci sono state responsabilità penali in capo agli organi competenti in materia di pubblica sicurezza quanto a obblighi di informazione, prevenzione e messa in atto di misure di sicurezza.

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