Attualità
7 Aprile 2017
Miriam Cariani (Cgil) ha seguito la pratica: “è una normativa che incrementa l’illegalità. Siamo alla follia pura”

Bambini siriani in fuga dalle bombe. L’ambasciata nega il visto

di Marco Zavagli | 3 min

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Sabato scorso (29 novembre), presso l'istituto L.Einaudi, si è svolta la conferenza "Oltre le etichette: identità, genere e violenza. Un dialogo aperto". La referente di istituto per il "Contrasto alla violenza di genere", professoressa Serena Raimondi, ha dato la parola alle relatrici presenti

(foto di Francesco Fantini)

Come ci si deve sentire nel guardare tutti i giorni i telegiornali con l’angoscia di poter scorgere tra i corpi seppelliti dalle bombe e dai gas tossici i propri familiari? È una sensazione che conosce bene una donna siriana, da oltre 10 anni a Ferrara e con nazionalità italiana.

Lei vive e lavora qui, ma i suoi fratelli e i suoi piccoli nipoti rischiano la vita ogni secondo. Per questo ha chiesto di poter accogliere con sé i suoi parenti attraverso la pratica del visto turistico, della durata prevista di massimo tre mesi. Questo a novembre.

Nel corso di questi mesi la donna è stata assistita dal punto di vista procedurale dalla Cgil di Ferrara, che ora si è sentita rispondere dall’ambasciata italiana di Beirut che il visto non è stato rilasciato per “rischio emigrazione clandestina”.

Per le leggi italiane bambini che fuggono dalla guerra sono un “rischio”. Portare in Italia persone da un paese dilaniato da anni di atrocità è pericoloso, perché evidentemente i beneficiari potrebbero non voler tornare in patria.

“È una storia incredibile” scuote la testa Miriam Cariani, responsabile politiche dell’immigrazione della Cgil di Ferrara. Lei, che ha seguito passo per passo la trattativa per il rilascio del visto, si chiede come sia possibile che “mentre partono le condanne contro gli attacchi in Siria e la morte dei bambini, una siriana italiana, dunque con cittadinanza e che vive a Ferrara da tanti anni, ben integrata come si usa dire, non possa ospitare i suoi parenti, tutto a sue spese, come fratelli e nipoti-bambini ora sotto le bombe che uccidono”.

E invece la normativa prevede che l’ambasciata italiana possa rifiutare, anche senza motivazione, richieste di visto turistico se mancano la prova dei mezzi di sussistenza, le finalità del viaggio, la prova della disponibilità dell’alloggio.

Nel caso ‘ferrarese’ almeno gli ultimi due requisiti erano rispettati, dal momento che la richiedente si offriva di accollarsi qualsiasi tipo di costi, assicurazioni comprese, e poteva ospitare i parenti in casa sua. Non ci sarebbe stato nessun esborso insomma da parte dello Stato.

Ora alla donna non rimane che il ricorso presso il tar del Lazio, anche se “la trattativa è ancora in corso – fa sapere Cariani – e ci stiamo facendo aiutare dalla Comunità di Sant’Egidio che sta mettendo in campo al soluzione del corridoio umanitario per aiutare chi vive nei campi profughi”.

Intanto però i fratelli e i nipoti ‘rifiutati’ rischiano la vita ogni giorno. “Magari ora ci sarà pure qualcuno che dirà che ciò è avvenuto perché questi bambini sono terroristi Isis o di Al Qaeda – è lo sfogo della responsabile immigrazione della Cgil -. Invece questi bambini muoiono e muoiono perché questa è la grande ipocrisia, italiana come di tutti i Paesi che non hanno il coraggio di raccontare la verità, per “piccoli” interessi di bottega”.

Il riferimento è alle leggi sull’immigrazione, che fanno sorgere molte domande a Cariani: “sul fronte lavoro chiedo: perché lo straniero che vuole pagare le tasse, non può avere un permesso di soggiorno per lavorare in regola? Perché un rifugiato politico per andare a lavorare fuori dall’Italia deve rinunciare allo status di rifugiato politico? Perché un migrante economico che arriva in Italia, solo come è più possibile arrivare e cioè senza visto, se vuole lavorare in Europa è obbligato a chiedere la protezione internazionale?”.

Domande quasi retoriche, visto che la risposta già la conosce: “è una normativa che incrementa l’illegalità. Siamo alla follia pura”.

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