Patrizia Moretti aveva desistito dal procedimento giudiziario contro chi aveva definito falsificata la foto del figlio morto sul lettino dell’obitorio. Si tratta dei fatti immediatamente successivi al sit-in del Coisp in piazza Savonarola del marzo 2013, che vide Patrizia Moretti scendere in strada con l’immagine di Federico sfigurato. Nel convengo immediatamente successivo Franco Maccari, segretario del Coisp (e con lui i senatori Giovanardi e Balboni) sostenne che quell’immagine fosse una “falsificazione della realtà”.
Mentre Giovanardi ha accettato la remissione di querela (Balboni aveva patteggiato qualche mese prima), Maccari l’ha rigettata per dimostrare la sua “totale estraneità alle accuse”, come spiegò a suo tempo il suo avvocato Eugenio Pini.
Ma non basta. Mentre la Moretti aveva scelto di ritirare le denunce perché “convinta che una sentenza di condanna non potrebbe cambiare persone che – da quanto capisco – costruiscono la loro carriera sull’aggressività e sul rancore. Non ci potrà mai essere un dialogo costruttivo. Non sarà una sentenza a fare la differenza nel loro atteggiamento. Rifiuto di mantenere questo livello basato su loro bugie e provocazioni per ferirmi ancora e costringermi a rapportarmi con loro. Io ci sto male, per loro – credo di capire – è un mestiere”.
E invece la Moretti dovrà ancora suo malgrado avere a che fare con il leader del sindacato di polizia del Coisp. Già, perché Maccari (tramite il suo legale) ha chiesto la sua citazione in tribunale per comparire come testimone. Una strategia processuale che trova lo sdegno dell’avvocato della Moretti, Fabio Anselmo, secondo il quale il fatto “si commenta da solo, perchè questa è la prova che non è certamente Patrizia che va cercando polemiche o rivalse. Nonostante la madre di Federico abbia voluto rimettere le querele nei confronti di tutti, Maccari vuole a tutti i costi questo processo, pur sapendo benissimo di poterlo fermare in qualunque momento: dovesse mettersi male per lui può accettare successivamente la remissione di querela. Mi chiedo francamente cosa cerchi? Credo che la Polizia di Stato sia tutt’altra cosa”.
Non sarà a ogni modo il primo processo che vede di fronte Maccari e Moretti. La madre di Aldrovandi venne querelata dal sindacalista per averlo definito “uno stalker” e “un vero torturatore morale”. A sua volta il segretario del Coisp si vide archiviare dal tribunale di Venezia la denuncia per stalking intentata dalla Moretti contro di lui.
L’udienza è prevista per il 12 ottobre presso il tribunale di Ferrara. Un’altra udienza, questa volta a Ravenna, vedrà invece la madre di Federico involontaria protagonista. Si tratta del procedimento per la querela contro Sergio Bandoli, ravennate di 53 anni. Bandoli è colui che scrisse sulla pagina facebook di Prima Difesa Due, associazione che assisteva legalmente i poliziotti condannati per l’omicidio colposo del diciottenne Aldrovandi, “la madre se avesse saputo fare la madre non avrebbe allevato un ‘cucciolo di maiale’ ma un uomo”.
In un primo momento il 53enne sostenne di esser stato vittima di un attacco di un hacker. Il fatto che il suo processo fosse stato trasferito per competenza territoriale a Ravenna aveva fatto dimenticare alla Moretti di ritirare la relativa querela. Nel frattempo però l’iter è proseguito con la richiesta di rinvio a giudizio del pm accolta dal gup romagnolo. Per Bandoli l’udienza è stata fissata al 21 novembre.
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