“Ci sarà una sentenza, ci saranno altri processi per casi del genere, noi saremo qui; chi non c’è e non ci sarà più è Federico Aldrovandi. È con questa realtà che dobbiamo fare i conti. Non esprimeteci la vostra solidarietà fasulla, ipocrita, quando poi ci querelate nella nostra ricerca della verità. Abbiate il pudore di lasciarci in pace”. Era il 25 giugno del 2009 e Fabio Anselmo, al termine della sua arringa di parte civile al processo Aldrovandi, fu profeta. Da allora ci sono stati altri processi. Quelli Cucchi, Uva, Ferrulli, Budroni, Bifolco. E lui, insieme ai familiari delle vittime “era lì”.
E l’avvocato ferrarese “era lì” anche nel cuore burocratico dell’Europa. Quell’Europa che vede riconosciuto quasi ovunque il reato di tortura per l’introduzione del quale l’avvocato ferrarese e i suoi assistiti lottano da anni. Una sponda, assieme ad Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa, l’hanno trovata nell’eurodeputata per l’Altra Europa Eleonora Forenza, che ha invitato al parlamento europeo una loro delegazione all’audizione sugli abusi delle forze dell’ordine italiane appena cominciata al Parlamento Europeo.
“Oggi siamo venuti a dirvi che l’Italia, paese membro dell’Unione europea, tortura i suoi cittadini nelle carceri e nelle caserme – è stato l’attacco di Acad -. Non siamo di fronte a un problema che riguarda “qualche mela marcia”. Non si tratta del comportamento sconsiderato di pochi agenti. È un sistema che coinvolge le forze dell’ordine, la magistratura e la politica del nostro paese”.
E mentre l’eurodeputata Forenza avverte che solo l’Ucraina, con i suoi 13.650 ricorsi, sorpassa l’Italia (ferma a 10.100) quanto a numero di ricorsi per casi di tortura 10.100 ricorsi, prende la parola Anselmo. E sembra partire da quel 25 giugno di sette anni fa.
Sullo sfondo scorrono le immagini dei corpi senza vita degli innumerevoli processi che ha seguito. Si sentono anche i file audio di Rachid Assarag, che ha registrato le torture subìte in carcere. Anselmo parte dal caso ‘pilota’ di Federico Aldrovandi, il triste ‘precedente’, per arrivare a dire che “il problema della tortura e dell’uso eccessivo della forza e della violenza non può più essere considerato solo figlio di una matrice ideologica cosiddetta fascista. È qualcosa di diverso oggi. Esso ha radici culturali ed emotive nel bisogno spesso enfatizzato od estremizzato di sicurezza che è stato giorno per giorno instillato nelle menti e nelle coscienze dei cittadini, spesso strumentalmente legato e mere speculazioni politiche”.
Secondo il penalista ferrarese “è indubbio che è sempre più aperta la forbice tra sicurezza reale e sicurezza percepita. In questa forbice si vogliono giustificare fatti e comportamenti particolarmente violenti ad opera di taluni appartenenti alle forze dell’ordine che hanno provocato la morte di numerosi inermi cittadini”.
Anselmo analizza tre modalità standard con cui si realizzano questi comportamenti: in fase di fermo od arresto o tso
(e mostra la foto di Federico Aldrovandi, ndr), in carcere o strutture restrittive analoghe (come nei casi di Stefano Cucchi, Aldo Bianzino, Rachid Assaragh, Giuseppe Uva) o con l’uso illecito delle armi (come nei casi di Davide Bifolco e Dino Budroni)”.
“Io non ce l’ho con tutte le forze dell’ordine – chiarisce -, ma con coloro che difendono tutti questi terribili comportamenti per malinteso spirito di corpo. Io chiedo a tutti voi ed invito a vostra volta a chiedere ai vostri governi ed istituzioni: siamo sicuri che per dare adeguate risposte alle esigenze di sicurezza dei cittadini, anche tenendo conto della minaccia del terrorismo, sia proprio necessario e soprattutto efficace esercitare questo tipo di violenza e con queste modalità?”.
Anselmo ha terminato l’intervento esprimendo solidarietà e offrendo “la mia preghiera di pronta guarigione” al poliziotto ferito ieri durante un’operazione antiterrorismo proprio a Buxelles.
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