Nulla è più sacro della protesta della minoranza
(Pasolini, Fascisti: padri e figli)
Ministro della pubblica istruzione contestato in un incontro pubblico da un gruppo di insegnanti precari. Prima la feroce protesta al grido di “vergogna”, poi i fischi, tanto forti da impedirle di parlare. Ferrara, giovedì 17 settembre 2015? No, Roma 10 settembre 2008. Bersaglio dei facinorosi (chiamiamoli così per evitare termini abusati ieri sui social) non è Stefania Giannini, bensì la forzista Mariastella Gelmini.
Anche allora non si sono fatte attendere le veementi reazioni indignate dei politici. Maria Coscia del Pd, stigmatizzando il fatto che in quell’occasione la Polizia aveva identificato alcuni manifestanti, si chiede “di cosa ha paura il ministro Gelmini? Ha paura che nei Tg si sentano i fischi? Ha paura che la propaganda di governo perda efficacia perché qualcuno non ci sta a farsi prendere in giro? Si abitui, perché il tentativo messo in atto di distruggere il sistema scolastico pubblico attirerà un dissenso sempre più ampio nel paese”. Le fece eco il predecessore della Gelmini, l’ex ministro Pd Giovanni Fioroni: “nel mondo della scuola la protesta è il sale del confronto”. Ipse dixit.
In piazzetta San Nicolò la stessa protesta, dura ma pacifica, “sale del confronto”, è stata battezzata da alcuni importanti esponenti dem provinciali come “fascista”. Evito di intervenire sull’epifania stercoracea espressa da una componente della segreteria provinciale del partito. Si commenta da sola. Mi limito a quel “fascista”. Le foto e i video della contestazione sono a disposizione di tutti. Tra i volti noti ho riconosciuto l’ex assessore all’ambiente dei Verdi Sergio Golinelli e il maestro di scuola elementare Mauro Presini, candidato alle ultime elezioni regionali con L’Altra Emilia Romagna. Fascisti? Chi li ha definiti tali sa che il termine “fascista” affibbiato a comuni cittadini è ritenuto un insulto dalla Cassazione?
Un insulto come quello di Renata Polverini, all’epoca governatore del Lazio, che diede della “zecca” a un contestatore. Come quello di Renato Brunetta che definì i precari “la parte peggiore dell’Italia”. Come quello di Iva Zanicchi, in tv come candidata alle Europee, che mandò “affanculo” chi la criticava. Come quello di Matteo Salvini che ridusse a “tre scemi” un gruppo di manifestanti palermitani. Come quello di Berlusconi, un esempio tra i tanti, che diede della “faccia di stronza” a una riminese che lo invitava ad andarsene.
Quanto al “fascista”, magari potrebbe non risentirsene – malgrado il ripudio – Gianfranco Fini, che nel gennaio 2009 venne contestato alla “Sapienza”. L’allora presidente della Camera venne accolto dai cori “vergogna, vergogna” e – lupus in fabula – “fascista”. La reazione? “Nessun fastidio, tutto ampiamente previsto”.
Dev’essere dura farsi dare lezioni di democrazia da un “fascista”.