Un “errore”. Una “cantonata”. Una “non notizia”. Viene definita così in un editoriale di altro quotidiano la recente uscita del vescovo Negri sulla crisi ‘figlia’ dell’aborto. Causa patrocinio non bona peior erit esordirebbe Ovidio (una cattiva causa peggiora se la si difende). Anche perché il novello causidico della carta stampata inciampa più volte nella sua arringa.
A cominciare dalle reticenze sull’intervento vescovile. Che oltre ad associare la crisi all’aborto, ha definito la legge contro l’omofobia un delitto contro Dio e contro l’umanità e trovava assurdo che il vescovo spagnolo di Malaga fosse stato indagato per “avere ripetuto più volte un passo di San Paolo che ricorda come l’omosessualità è una devianza grave“.
Per dovere di brevità ci limiteremo al sermone contro l’interruzione volontaria della gravidanza. L’editoriale fa presente che mons. Negri altro non ha fatto che citare il professor Gotti Tedeschi (ex presidente dello Ior), “quando dice che la crisi economica nasce dal fatto che l’Occidente non ha più fatto figli”. Poi, dalla “sintesi brutale” delle parole del vescovo scoppia il caso mediatico che finisce sulle colonne del Washington Post, “che dopo il Watergate ha scoperto… che un vescovo italiano parla male dell’aborto”.
Insomma, urge una smentita globale. Vale per il “Messagero”, il “Fatto”, “Libero”, “Repubblica”, il “Corriere”. Ne ha parlato, mancherebbe altro, anche il sito “Ufo on line”. Ora veniamo a sapere che tutti hanno preso uno stratosferico abbaglio. Anche le decine di giornali stranieri che hanno dato conto della “non notizia”.
E invece questa è la vera sintesi brutale. Il Washington Post non ha scoperto che un “vescovo italiano parla male dell’aborto”. Ha scoperto che un vescovo italiano collega la crisi all’aborto. E il giornalista statunitense, che lavora nel mondo della comunicazione e lui sì ne conosce le regole, ricorda “il sempre maggior numero di medici che in anni recenti si rifiuta di eseguire interruzioni di gravidanza, costringendo le gestanti a cercare aiuto all’estero o da amici e familiari inesperti nella procedura medica da seguire”. Tanto che il nostro Paese presenta una delle medie di aborti più bassa d’Europa, senza contare i “casi segreti”. Il Washington Post ha capito l’importanza che quelle frasi possono avere in uno stato che si professa laico. Serviva spostarsi di settemila chilometri per capirlo.
E in effetti qui si apre un ulteriore triste scenario, passato in secondo piano nella “sbalorditiva” polemica. Un’appendice necessaria che ci fa ribadire come sia lecito esprimere le proprie opinioni, ma è doveroso misurarne le conseguenze. La legge 194, madre di tutte le italiche crisi, sbatte da anni contro il muro dell’obiezione di coscienza. Nel Belpaese, che veleggia in quanto a parità tra uomo e donna intorno alla 70ª posizione nel mondo, l’obiezione di coscienza raggiunge la media del 70% nelle strutture sanitarie pubbliche, con punte superiori al 90% in alcune regioni. Numeri che hanno spinto il Comitato europeo per i diritti sociali a sanzionare l’Italia perché “non garantisce l’esercizio effettivo del diritto delle donne a interrompere la loro gravidanza”, limitando così l’esercizio di diritti riconosciuti dalla legge. E incentivando, per chi non si può permettere cliniche private o viaggi all’estero, l’aborto clandestino.
Gli ultimi numeri, datati 2008, vengono dal Ministero della Salute, nota enclave anticlericale all’interno della Città Eterna: 20.000 aborti illegali stimati tra le donne italiane (i numeri incrementano notevolmente se si aggiungono i casi di donne migranti che abortiscono attraverso farmaci di contrabbando) e 73.000 casi di aborti spontanei (o sospetti “aborti clandestini mascherati” da parte di chi si affida alle mammane). “Una situazione – scrivevano nel luglio 2013 alcuni senatori firmatari di una proposta di legge – che porta il Paese indietro nel tempo di decenni, dove le donne hanno ricominciato a morire di setticemia o sono costrette a migrare da una regione ad un’altra nella ricerca di ospedali pubblici che garantiscano ancora l’interruzione volontaria di gravidanza”.
Ecco, di fronte a queste “non notizie” servirebbe riflettere. Anche se sono temi di cui ad alcuni “non interessa discutere. E poco importa se il vescovo e chi ne perora la causa si schermano dietro a tesi sostenute da alcuni economisti. James Watson è uno degli scienziati più importanti del XX secolo, premiato con il Nobel per aver scoperto la struttura a doppia elica del Dna nel 1952. Ma ha anche sostenuto che è scientificamente dimostrabile l’inferiorità intellettiva degli africani. Esempi a parte, basta far ricorso al buon senso e confutare l’equazione tra aborto e crisi con l’impennata del pil italiano negli anni ’80 e ’90. Magari qualcuno non lo sa, ma la legge 194 è del ’78.
Trincerarsi dietro a esimi professori o scienziati non minimizza quello che è stato detto. E, francamente, del principio dell’ipse dixit ce ne siamo liberati ormai dal Medioevo. Già, dal Medioevo…