Le critiche al ‘metodo Zamboni’ da parte dell’equipe canadese del dottor Traboulsee derivano da gravi carenze nei parametri diagnostici. Ne è convinto lo stesso professor Paolo Zamboni, ricercatore dell’università di Ferrara e ‘padre’ della correlazione scientifica tra sclerosi multipla e la insufficienza venosa cerebrospinale cronica, autore dell’intervento pubblicato negli ultimi giorni dalla rivista scientifica Veins & Lymphamatics in cui sottolinea alcuni dei problemi metodologici che farebbero cadere le critiche nei suoi confronti. Un intervento che il ricercatore ferrarese inviò quasi un anno fa alla rivista che pubblicò le critiche nei suoi confronti, ma che fu ignorata dall’editore.
Traboulsee aveva infatti pubblicato nel gennaio scorso, sulla rivista The Lancet, l’articolo “Prevalence of extracranial venous narrowing on catheter venography in people with multiple sclerosis, their sibilings, and unrelated healthy controls: a blinded, case control study” (Prevalenza di restringimenti venosi extracranici alla flebografia con catetere su persone con sclerosi multipla, sui loro fratelli e sui controlli sani non imparentati: uno studio in cieco caso-controllo). Uno studio in cui confermavano la presenza dell’insufficienza venosa cronica cerebrospinale con una elevata prevalenza di oltre il 70% della popolazione candese, ma senza differenze significative tra pazienti e controlli sani, smentendo così la correlazione che fa da colonna portante alle teorie di Zamboni.
Lo studio dell’equipe di Traboulsee si è però avvalso di un criterio mai pubblicato, in alterrnativa alla classica misurazione del segmento immediatamente precedente il punto più stretto. Il team canadese ha infatti misurato, come spiega Zamboni su Veins & Lymphamatics, “la stenosi su tutta la lunghezza della vena giugulare interna, confrontando il diametro massimo con il punto più stretto, mentre è stato dimostrato come il diametro del bulbo giugulare siperi normalmente il 50 del diametro minimo della vena giugulare interna. Dato che fa emergere il motivo per cui Traboulsee non a trovato differenze significative tra le persone con sclerosi multipla, i loro fratelli e i controlli sani non imparentati”. A questo si aggiunge anche una carenza nel metodo di analisi, che oggi può essere più efficace tramite le tecniche di imaging di risonanza magnetica non invasiva, ecografia e pletismofrafia, che aiutano a migliorare la valutazione del ritorno venoso cerebrale.
Punti molto tecnici sui quali Zamboni scrive i propri pareri in un articolo scientifico nel quale – per i non addetti ai lavori – è piuttosto arduo entrare nel merito. Più comprensibile – ma forse ancor più inspiegabile – è il motivo per cui la risposta di Zamboni giunge a quasi un anno esatto di distanza rispetto alla critica di Traboulsee. In questo caso è lo stesso ricercatore ferrarese a spiegare, nell’introduzione all’articolo, di aver scritto una lettera di risposta alla rivista The lancet e al team canadese, ma di essere stato completamente ignorato. Di seguito potete leggere l’estratto completo del suo intervento: “In quella particolare circostanza – scrive Zamboni – mi sentii costretto a rispondere a Traboulsee e ai colleghi, poichè l’articolo mi citava personalmente in più occasioni, con raffronti ai dati pubblicati dal mio gruppo. Nel nome di un dibattito scientifico trasparente, ho pregato l’editore di pubblicare il mio commento all’articolo, il 16 ottbre 2013. L’articolo di Traboulsee è stato poi pubblicato il 1° gennaio, e circa due settimane più tardi il senior editor di The Lancet mi ha comunicato di rifiutare la mia lettera di risposta. Sono ancora sorpreso della decisione editoriale sia perchè non mi permette di rispondere all’articolo, nonostante venga citato personalmente, sia perchè le carte di Traboulsee presentano varie inaccuratezze scientifiche che necessitano di un chiarimento a beneficio della comunità scientifica. L’editore ha semplicemente dichiarato di aver chiesto all’autore di rispondermi direttamente. Ad ogni modo undici mesi dopo non ho ancora ricevuto una risposta. D’altro canto sotto all’articolo di The Lancet sono stati pubblicati due commenti, mirati a chiudere rapidamente il sipario sull’ipotesi della insufficienza venosa cerebrospinale cronica, nonostante 13 studi su 19 e 3 riviste di meta-analisi concordino nel confermane i dati”.