Eventi e cultura
28 Febbraio 2014
Sul palco del teatro Comunale di Ferrara fino a domenica 2 marzo la tragedia di Shakespeare

Alessandro Gassmann è un Riccardo III senza pietà

di Redazione | 4 min

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Alessandro gassmann R3di Federica Pezzoli

“Il nostro Riccardo, col suo violento furore, la sua feroce brama di potere, la sua follia omicida, la sua ‘diversità’ dovrà colpire al cuore, emozionare e coinvolgere il pubblico di oggi (mi auguro in gran parte formato da giovani), trasportandolo in un viaggio affascinante e tragico, attraverso le pieghe oscure dell’inconscio e nelle deformità congenite dell’animo umano”.

Obiettivo raggiunto appieno da questo “RIII-Riccardo terzo”, primo Shakespeare da regista e interprete di Alessandro Gassmann, andato in scena ieri sera al teatro Comunale (repliche fino a domenica 2 marzo). Dal suo incontro con il drammaturgo Vitaliano Trevisan, nasce una rivisitazione imponente e lineare allo stesso tempo, rispettosa del testo originale del Bardo e capace di trasmetterne la complessità, la forza e la bellezza attraverso un linguaggio accattivante e asciutto. Gassmann e Vitaliano sono riusciti a costruire una narrazione perfettamente equilibrata nella quale la tragedia shakesperiana più introspettiva e ricca di monologhi del protagonista, insieme ad Amleto, diventa quasi un dramma corale: un eroe-antieroe imperversa in palcoscenico, irretendo, ordendo, tramando e bramando, attorniato da personaggi di solito più marginali, quasi un compendio di come la bramosia di potere possa offuscare gli animi deboli.

Un fascino dal quale anche la platea rimane irretita. Sì perché questo personaggio totalmente negativo, senza possibilità né di pentimento né di perdono, per quanto perverso e diabolico, riesce però a portare dalla sua anche il pubblico. La modernità della sua ascesa al potere sta dunque nel consenso: lo spettatore si accorge, e deve suo malgrado ammettere, che tifa per lui e ride delle sue battute. Non lo si odia anche perché gli altri non sono meglio di lui. Tyrrel (del bravissimo Manrico Gammarota), pur roso dai morsi della sua coscienza, non arresterà mai la sua cieca fedeltà divenendo unico fedele esecutore di tutti gli omicidi. Dal canto suo il Buckingham di Sergio Meogrossi passa da maggiordomo fedele e impostato a verboso “compagno di merende” fino a clown malvagio e silenzioso, che grida solo nell’ultimo e inutile tentativo di ottenere la meritata ricompensa. E Lord Hastings (Marco Cavicchioli, che impersona anche Clarence) è un viscido omino dal ciuffo arancione, avido di potere e prodigo nel turpiloquio.

A chiudere il cast maschile Giacomo Rosselli, Emanuele Maria Basso e Mauro Marino, a cui sono affidati altrettanti personaggi: Re Edoardo IV, la Regina Margherita e Lord Stanley. E non sono certo meglio i personaggi femminili, gli unici lasciati in vita da Riccardo, forse proprio per questo vinti unanimemente dal dolore e dall’impotenza nei confronti di tanta crudeltà. Sabrina Knaflitz, nella tormentata parte di Lady Anna, si lascia soggiogare dal malefico fascino di chi le ha ucciso padre e marito vivendo poi in un rimorso eterno; Marta Richeldi rende tutta l’infelicità della regina Elisabetta; infine Paila Pavese, la Duchessa di York, ben trasmette tutto il pentimento di chi deve sopportare la genesi di un tale “grumo indigesto” di odio.

(foto di Federico Riva)

(foto di Federico Riva)

Su tutti si erge il Riccardo di Alessandro Gassmann. Il corpo fuori misura grazie a una zeppa interna agli scarponi che lo alza di dieci centimetri e rende la sua camminata innaturale, come i movimenti degli arti superiori e le smorfie che assume il suo viso, stravolto da un trucco pesante, quasi a ridisegnare un teschio. Tutto concorre ad esprimere fisicamente la deforme grandezza di questo cattivo assoluto e della sua anima malvagia, che non si ferma avanti a nulla pur di arrivare al potere, manipolando il destino suo e quello degli altri. “Dispera e muori” lo maledicono gli spiriti di tutti coloro che ha ucciso, ma in realtà Riccardo terzo sopravvive perché la sua storia è la storia che da sempre accompagna l’uomo, la sua ambiguità, il suo eterno dibattersi tra bene e male: “dispera e muori”, è ciò che accade a Riccardo ed è ciò che accade dall’alba dell’uomo.

Un allestimento, questo, che gioca sulla continua osmosi tra storico e contemporaneo: da I got a woman di Ray Charles a Brothers in arms dei Dire Straits, dalle scene di Gianluca Amodio ai costumi di Mariano Tufano, in cui sembra di cogliere un richiamo allo stile gotico-crepuscolare di Tim Burton. Mentre le videoproiezioni di Marco Schiavoni tra i rosoni di luce, i veli di tulle e le moderne strutture in cemento armato creano un continuo gioco tra fisico e virtuale, tra ciò che sul palco esiste e ciò che solamente pare esistere.

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