Cronaca
29 Ottobre 2020
Scoperta organizzazione fortemente gerarchizzata e collegata ai vertici di Torino. Scopo principale il narcotraffico. Approvvigionamenti in Francia, Belgio e Olanda

La mafia nigeriana controllava la Gad: 31 arresti. Ricercato il capo, il dj ‘Boogie’

di Redazione | 8 min

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(foto di Alessandro Castaldi)

Decapitata dalla Polizia di Stato un’associazione a delinquere di stampo mafioso, denominata ‘Viking’, composta da nigeriani che avevano preso il controllo a Ferrara della zona Gad e aree limitrofe dopo aver prevalso sull’associazione mafiosa rivale ‘Eiya’.

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Alle prime ore dell’alba, infatti, la Polizia di Stato ha eseguito le ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal Tribunale di Torino e dal Tribunale di Bologna, su richiesta delle Dda delle rispettive Procure della Repubblica, nei confronti di un vasto gruppo di cittadini nigeriani. I provvedimenti restrittivi sono stati disposti al termine di lunghe e complesse indagini svolte, in perfetto coordinamento, dalle Squadre Mobili di Torino e di Ferrara, e hanno riguardato complessivamente 69 persone (43 provvedimenti della Dda di Torino e 31 della Dda di Bologna, con 5 persone colpite da entrambi i provvedimenti cautelari), delle quali 56 sono state rintracciate sul territorio nazionale. Delle 31 ordinanze riguardanti Ferrara, 24 sono state eseguite (14 persone si trovavano già in carcere) e attualmente sono in corso le ricerche di altre 7 persone che potrebbero esserse fuggite in Italia o all’estero. Gli arrestati risiedevano principalmente nella zona Gad (via Monti Perticari e piazzale Castellina).

Per la realizzazione della fase esecutiva, svolta sotto il coordinamento del Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine, sono stati impiegati complessivamente circa 250 uomini della Polizia di Stato, con l’utilizzo di Reparti di rinforzo del controllo del territorio. Oltre alle Squadre Mobili di Torino e Ferrara, l’attività ha coinvolto anche gli omologhi uffici delle Questure di Alessandria, Asti, Bologna, Biella, Brescia, Caserta, Firenze, Imperia, Lodi, Monza, Padova, Parma, Pavia, Savona, Verona, Venezia e Vicenza.

L’esecuzione dei provvedimenti restrittivi ha consentito di sgominare l’intera consorteria criminale dei “Viking”, anche denominata “Norsemen Kclub International”, colpendo i personaggi al vertice del livello nazionale dell’organigramma, direttamente responsabili delle nuove affiliazioni, della gestione dello spaccio di sostanze stupefacenti nelle piazze cittadine e dell’attività di sfruttamento della prostituzione (per quest’ultima attività sono ancora in corso accertamenti a Ferrara alla ricerca di riscontri).

Agli affiliati colpiti dalle misure cautelari vengono contestati, oltre al reato di associazione per delinquere di stampo mafioso (art. 416 bis), i delitti di tentato omicidio e associazione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, rapina, estorsione e lesioni gravissime.

Le attività investigative, avviate nel luglio del 2018 proprio da Ferrara in seguito alla nota aggressione col machete del luglio 2018, si sono sviluppate attraverso attività tecniche di intercettazione, nonché articolati e dinamici servizi di osservazione diretta e pedinamento sul territorio, e hanno consentito di individuare i vertici nazionali dell’organizzazione, in costante e diretto contatto con i leader operanti in Nigeria. Le investigazioni, come riferito dal dirigente della Squadra Mobile di Ferrara, Dario Virgili, hanno permesso di ricostruire nel dettaglio la struttura del sodalizio criminale, caratterizzato da un’organizzazione piramidale, che si connota con la presenza di un organismo operante a livello nazionale (che in Italia prende il nome di “Vatican Marine Patrol”) e di numerose articolazioni locali (dette “Marine Patrol” o “Deck”), attivi in singole città italiane, soprattutto del centro-nord. Ogni realtà locale (che a Torino prende il nome di “Valhalla Marine” e a Ferrara “Vatican”) presenta al vertice un capo operativo (“Executional”), che comanda il territorio di competenza coadiuvato da un organo collegiale (“Exco”) costituito da consiglieri. La struttura prevede altresì una serie di cariche cui sono assegnati specifici incarichi organizzativi (“Escape”, il responsabile del rispetto delle regole interne; “Dockman”, il tesoriere; “Pilot”, l’organizzatore delle riunioni) o operativi (“Arkman”, il vice capo operativo; “Strike chief”, il responsabile delle attività di spaccio). I capi operativi scaduti dal loro mandato costituiscono una sorta di membri onorari e si pongono in una posizione di primissimo piano nell’articolazione delle scelte criminali della consorteria. Specularmente, a livello nazionale, sono state distintamente individuate cariche operative e un Consiglio degli anziani (“Elders”). I vertici nazionali dell’organizzazione chiamata “Vatican Marine Patrol”, stanziati a Torino, esercitavano il loro potere anche nel capoluogo estense e prendevano ordini direttamente dal “National”, capo assoluto in Nigeria. I contatti tra le varie articolazioni nazionali e la sede presente in Nigeria (denominata “Niger Catalina”) hanno fornito agli investigatori una chiara indicazione di come le varie “Marine Patrol” (“MP”) operanti in Europa siano saldamente legate alla “casa madre”, tanto da apparire una diretta diramazione della stessa.

A Ferrara l’organizzazione risultava particolarmente radicata e con una forte base, essendovi una nutrita comunità nigeriana e quindi tutto l’interesse per l’associazione mafiosa di essere presente in maniera importante sul territorio estense. Lo scopo principale del narcotraffico veniva attuato attraverso una fitta rete di ‘ovulatori’ (principalmente donne) che eseguivano viaggi in treno o in auto per rifornirsi in Francia, Belgio e Olanda, ingerire gli ovuli (cocaina, eroina e altre sostanze) e tornare in Italia. Sono stati accertati dalla Mobile di Ferrara decine di viaggi per un valore di 5 milioni e 400 mila euro in droga.

Il tipico basco rosso degli affiliati

L’organizzazione presenta tutti i caratteri di un’associazione di tipo mafioso, poiché connotata, anzitutto, da una precisa struttura gerarchica con ruoli e cariche ufficiali, a cui corrispondono compiti ben precisi. Le affiliazioni sono caratterizzate da atti violenti e rigidi rituali, che si traducono in un serio e concreto pericolo per la stessa vita degli aspiranti affiliati, che vengono sottoposti ad azioni brutali, all’esito delle quali manifestano l’accettazione del codice comportamentale dell’associazione e la loro fedeltà indiscussa. Altrettanto spietate sono le conseguenze previste in caso di violazione delle regole dell’organizzazione, che si traducono in sanzioni corporali talmente efferate da sfociare talora in tentativi di omicidio, oppure in estorsioni. La violenza rappresenta lo strumento di comunicazione privilegiato per affermare la forza dell’organizzazione sul territorio e creare lo stato di soggezione necessario per accrescere il proprio potere. Altro aspetto di rilievo è stato individuato nella capacità dell’organizzazione di autofinanziarsi, mediante il contributo dei sodali, strumentale anche al mantenimento economico degli affiliati a vario titolo detenuti, come tipico anche delle tradizionali consorterie mafiose italiane.

Le indagini hanno infine consentito di evidenziare elementi distintivi caratteristici (il colore rosso predominante è il colore del cult), il peculiare abbigliamento degli affiliati (baschi con un simbolo di militanza da esibire con orgoglio durante le riunioni) e una sorta di “papello” (litania) da recitare durante i riti di affiliazione.

L’indagine della Squadra Mobile ferrarese, avviata a fine luglio 2018 (pm Isabella Cavallari) a seguito del tentato omicidio di un giovane nigeriano appartenente al cult rivale degli Eiye, ferocemente aggredito a colpi di machete da un gruppo di almeno cinque connazionali all’interno della zona Gad, ha permesso di collegare gli episodi di estrema violenza già accertati e giungere alla dimostrazione dell’esistenza dei due gruppi malavitosi antagonisti, tra i quali era in corso una vera e propria guerra con modalità mafiose per la spartizione e il controllo del territorio. Una volta assicurati alla giustizia i responsabili del gravissimo episodio, nel corso dell’anno 2019 le indagini sono approdate alla Dda di Bologna (pm Roberto Ceroni), per dimostrare l’esistenza sul territorio ferrarese della mafia nigeriana “Supreme Viking Arobaga” collegata al network internazionale. In questa seconda fase, le indagini hanno acclarato la completa disponibilità dei sodali a eseguire le direttive impartite direttamente dalla Nigeria: gli associati, vincolati da un rigoroso rispetto della segretezza, venivano affiliati con riti tribali, alla presenza dei vari vertici e capizona, durante riunioni (“party”) che si svolgevano nella zona di Brescia e del Veneto orientale. Nel corso delle conversazioni è emerso un profondo rispetto per le gerarchie e solitamente un affiliato di rango inferiore salutava o si congedava rispettosamente dal superiore con la formula “Salutamos”.

A Ferrara è stata accertata la centralità di Emmanuel Okenwa “Boogie”, dj di musica afro beat (attualmente ricercato), che costituiva la figura di riferimento per l’organizzazione tra le provincie di Ferrara, Padova, Treviso e Venezia, controllando il territorio e dirimendo le numerose diatribe che scoppiavano tra affiliati di rango medio-inferiore. In questa veste “Boogie” manteneva i contatti con il vertice di Torino. A livello locale “Boogie” era supportato da diverse altre figure di rango inferiore, che gestivano capillarmente lo spaccio di droga sui territori loro assegnati, e si occupava personalmente dell’organizzazione delle spedizioni punitive nei confronti degli affiliati che si erano macchiati di qualche mancanza o avevano dimostrato poco rispetto.

Le indagini hanno portato anche alla scoperta di un importantissimo canale di rifornimento di cocaina, destinata prevalentemente al Veneto, proveniente dalla Francia e dall’Olanda. La droga veniva prelevata a Parigi e Amsterdam, grazie all’appoggio di connazionali appartenenti a una confessione protestante evangelista, da nutrite squadre di “corrieri” che effettuavano il trasporto “in corpore” di numerosi ovuli, rientrando in Italia attraverso i valichi del Monte Bianco e del Frejus. In un’occasione è stato intercettato un carico di circa dieci chili di cocaina, con l’arresto dell’intera squadra di “spalloni” nei pressi del traforo del Frejus.

Sulla piazza torinese, il cult “Valhalla Marine” controllava e gestiva il commercio su strada di sostanze stupefacenti in alcune aree individuate – in particolare nella zona del Lungo Dora Savona, tra via Bologna ed il ponte Mosca – nonché, sempre nella stessa zona, lo sfruttamento della prostituzione di donne nigeriane.

Una delle peculiarità dell’articolazione torinese dell’associazione era rappresentata dal ruolo delle donne, le quali venivano affiliate mediante rapporti sessuali di gruppo ed assumevano l’appellativo di “Queen” o “Belle”, costrette a pagare somme di denaro in cambio di una inesistente protezione.

Durante la lunga indagine, gli investigatori torinesi hanno potuto documentare diverse fasi della strategia dell’associazione criminale, sotto la direzione di tre differenti “Executional”, ovvero Chuks Okafor, Alex Aslem e Cristian Ojie, con i quali la base ferrarese dialogava costantemente.

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