Du iu śpich frares?
12 Giugno 2020

Bassani e le sue pillole di dialetto ferrarese

di Maurizio Musacchi | 4 min

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Rileggendo Giorgio Bassani in questi mesi di “prigionia involontaria”, mi è capitato di scovare, oltre ai luoghi, paesi, cognomi ferraresi, anche tanto dialetto della città che indubbiamente aveva nel cuore. Si trovano, a dire il vero, fra le pagine, brani o parole singole di diverse lingue e dialetti. Il ferrarese però appare molto spesso.

Non so se lo parlasse, certamente lo capiva, come si evince dai dialoghi col padre, punteggiati qua e là da frasi vernacolari. Evidenziava situazioni e dialoghi retaggio della sua storia di vita ferrarese in gioventù. In verità nacque a Bologna, si trasferì a Firenze poi a Roma. A 28 anni si trasferì da Roma a Napoli, il suo spirito fortemente antifascista lo portò poi a celebrare un episodio molto importante della storia italiana: le Quattro giornate di Napoli.

Nonostante la lontananza, ebbe sempre la città estense dentro il suo animo. Divulgò Ferrara in Italia coi suoi capolavori e l’aiuto dei registi Florestano Vancini, (ferrarese) con la trasposizione cinematografica de “La lunga notte del ‘43” e di Giuliano Montaldo, con “Gli occhiali d’oro”. Certamente fu De Sica, con “Il giardino dei Finzi Contini”; Premio Oscar e non solo, a far grande cassa di risonanza a Ferrara nel mondo con indimenticabili immagini e situazioni cittadine.

Questa mia disamina su Bassani, vuole solo ricordarci alcune chicche d’immagini e di lingua locale da parte d’un grande della letteratura italiana, nient’altro. Il mio ruolo si ferma qui; ad altri spettano analisi letterarie o critiche. Esorterei solo chi non conosce la Storia e soprattutto i negazionisti di nefandezze fasciste e Shoah (termine ebraico col quale viene indicato lo sterminio degli Ebrei, vittime del genocidio nazista), di leggersi “Il giardino dei Finzi Contini”. Chi poi ritiene che “il Fascismo fece cose buone”, si legga “La lunga notte del 43”. Famigerata strage fascista eseguita brutalmente di fianco al Castello Estense: erano persone innocenti ferraresi.

Mi capitò di incrociare, diversi decenni fa, in via Madama, mentre mi recavo nel Provveditorato agli Studi di Ferrara, ove lavoravo, un distinto signore in loden verde. Era un viso noto, lo scambiai per uno dei tanti professori frequentatori dell’Ufficio. Lo salutai, con un cenno. Mi guardò un po’ stupito e mi rispose con un segno del capo. Girò all’angolo ed entrò al numero uno di via Cisterna del Follo: era Giorgio Bassani.

ALCUNE PAROLE O FRASI, IN DIALETTO FERRARESE, TRATTE DA SUOI LIBRI

Da “IL GIARDINO DEI FINZI CONTINI”
Pag. 70…con Ernesto nemmeno: Tròppo putìn… (bambino).
Pag.116 … vari dialoghi …brógn sèrbi (prugne acerbe,) i pum (mele), i fìgh (fichi), ill mugnàgh, (albicocce), ill pèrsagh, (pesche).
Pag. 118 …Vittorina, una scialba arzdóra…poi…quando vuole lei sgnurìna.
Pag.278 …ribattei con un insulto e l’altro gridò “Fóra boia d’un ebrei”
Pag. 301 …il padre: duv’èla mai ch’a sì’ndà a far dann tùtt du? (Dove mai siete andati a far danni tutti e due)?

Da “L’ODORE DEL FIENO”
Pag. 77 …non ero che un putìn, (bambino),quell’epoca un putin (due volte).
Pg 84 …mi venne incontro “Com’ èla mai, da’ stì cò?” (Come mai da queste parti?)
Pag. 87 … il fotografo soprannominato al duturét (il dottorino)… “nasare” “sgabanare” (gergali annusare copulare), d’andar quàlch vòlta zó da dré, (andare qualche volta giù di dietro)
Pag. 91 …dove stia di casa al duturét (il dottorino)…
Pag 93 … fatto del suo meglio ; “puvràz”,(poveretto) …testina impomatata con cura al duturét … gnànch un stràz ad cadàvar
Pag 96 … mettere giù un po di gàliga (boria) e sacrificarsi dìghia bén ? (Dico bene)?
Pag 97 … sbadiglia, chiede “Che or’è?” (Che ore sono?)
Pag. 98 …dove vai ,in giardino? Machè mai in giadino, a vàgh chi zò dal tabacàr in Zvèca. A m’è gnù vóia ad fumàr, varda mò. (Macchè in giardino, vado giù dal tabaccaio in Giovecca. Mi è venuta voglia di fumare, guarda mo.)

Da “GLI OCCHIALI D’ORO”

Pag. 47 … L’assalto dei “vilàn” (rustici).
Pag.98 …Mormorò sottovoce “Puvràz” (Poveraccio).

Da “LA PASSEGGIATA PRIMA DI CENA”
Pag. 77 … sepoltura del figlioletto “Al mié pòvar putìn” (Il mio povero bambino).
Pag 90…nemmeno mezzogiorno!, replicò. “Ach bazòrla”. (Che stupido.)

INFINE, DUE POESIE CHE CITANO LA CITTÀ:

VERSO FERRARA

È a quest’ora che vanno per calde erbe infinite
verso Ferrara gli ultimi treni, con fischi lenti
salutano la sera, affondano indolenti
nel sonno che via via là spegne pievi rosse, turrite.
Dai finestrini aperti l’alcool delle marcite
entra un po’ a velare il lustro delle povere panche.
Dei poveri amanti in maglia scioglie le dita stanche,
fa deserte di baci le labbra inaridite.

DALLE TORRI DI FERRARA

Dalle torri di Ferrara
vola ormai la dolce luce,
ma a una grata nera, avara,
chi ti volge, chi ti induce
o carezza della sera?
Chi risponde a una preghiera,
ad un pianto abbandonato
con quest’esile fanfara?
Oh non cada sera, alcuna
notte mai se non vi porti
per lo spazio, per la bruma,
suoni deboli e distorti,
rari, trepidi segnali
quando l’ore son più eguali,
quando più lontano è il giorno
e ogni nome è sopra il mare.

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