Eventi e cultura
25 Gennaio 2020
Un convincente Battiston interpreta un Churchill tra icona pop e dimensione intima di un uomo ormai arrivato alla fine della sua parabola

“Il politico bravo? colui che sa spiegare perché tutto quello che aveva previsto non si è avverato”

di Redazione | 3 min

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(foto di Noemi Ardesi)

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La regista dello spettacolo, Paola Rota, punta proprio sulla continua alternanza di piani fra icona – tanto pop da diventare soggetto da t-shirt con bombetta, sigaro e mano che forma la V di vittoria – e dimensione intima di un uomo ormai arrivato alla fine della sua parabola, costretto a fare i conti con le proprie imprese e i propri fantasmi.

Il rosso del celeberrimo cubano nel buio introduce Winston Churchill in scena: una poltrona in pelle bruciata, un mappamondo di legno che custodisce alcolici, una radio sintonizzata sul passato, il tutto in uno spazio circolare che è l’emblema del ‘gran teatro del mondo’ e dello spettacolo della politica, fra luci e sipario da teatro di cabaret.

Su questo palcoscenico Churchill sa muoversi alla perfezione, snocciolando tante delle sue famose battute molto poco ‘politically correct’, che non risparmiano donne, italiani e neppure la propria categoria: “un politico deve saper prevedere quello che succederà in futuro, vicino e lontano, un politico veramente bravo è poi colui che poi sa spiegare esattamente perché tutto quello che aveva previsto non si è avverato”.

Dietro questo personaggio c’è però il Churchill idealista, c’è la politica con la P maiuscola, quella che pensa e prepara il futuro, che sacrifica sé stessa per la carica che ricopre e il privilegio di pochi per il bene comune: Churchill che incurante della propria salute vola a Yalta per incontrare Roosvelt e Stalin, Churchill che rifiuta un accordo con Hitler perché l’Inghilterra non può essere libera se l’Europa è schiava.

Ora, ormai vecchio e ammalato, impegnato in una difficile convivenza con i propri vizi, deve fronteggiare la sua nuova e giovanissima infermiera Margaret (Lucienne Perreca) tra gags, ricordi, sfuriate, sigari e alcolici nascosti, l’ultimo vero confronto dello statista più famoso del Novecento è tutto giocato su una sfida a chi si ricorda le ultime parole di più personaggi famosi.

Margaret è il contraltare della sua coscienza, la sola in grado di far emergere le sue contraddizioni e fragilità, in un continuo alternarsi di rappresentazione pubblica e ritorno alla realtà privata rivelato attraverso un gioco di rimembranze oniriche. Il ‘cane nero’, come Churchill chiamava la depressione, torna a mordere la sua coscienza ormai offuscata ed emerge ciò che lo tormenta, gli errori di cui forse non si pente, ma con i quali deve convivere: quei giovani soldati morti nel 1915 nello stretto dei Dardanelli durante la campagna di Gallipoli da lui ideata e passata alla storia come uno dei peggiori disastri degli alleati nella Prima Guerra Mondiale o sua figlia morta suicida.

Giuseppe Battiston domina la scena e sa passare agevolmente e sapientemente da un registro all’altro, supportato da una Perreca giusta nel suo ruolo di spalla.

L’immagine dello statista inglese, a cui dobbiamo la resistenza britannica contro i nazisti, ma anche un’idea precisa dei vantaggi e delle contraddizioni della democrazia, non ne esce mutata, ma 75 minuti scorrono piacevoli e lo spettacolo può essere la chiave giusta per togliere un po’ di polvere al personaggio storico del Novecento e spingere, in particolare i più giovani, ad approfondire la sua conoscenza.

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