Attualità
21 Novembre 2017
Il fratello di Peppino: "Seguiamo i suoi cento passi, ma la mafia è arrivata alla grande svolta perché fa parte della borghesia"

Giovanni Impastato: “La mafia è nel cuore dello Stato”

di Redazione | 4 min

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A chi mi domanda se oggi ci sia più mafia in Sicilia o Lombardia rispondo Lombardia e dobbiamo smetterla di dire che la mafia è l’anti Stato perché è nel cuore dello Stato”. E ancora: “La mafia si può sconfiggere perché, come diceva Falcone, riguarda fenomeni umani. Quello che manca è la volontà politica di risolvere il problema”.

È un fiume di ricordi ed emozioni la presentazione del libro di Giovanni Impastato (dal titolo ‘Oltre i cento passi’) ma è stato anche un momento per analizzare il presente. Un incontro, organizzato da Cgil e Libera in una sala gremita con tanti ragazzi, nel quale Impastato ha voluto tornare ai momenti dell’infanzia (“per noi la mafia era qualcosa di positivo, non ci faceva mancare niente”), al difficile rapporto con il padre (“lo rispettavamo ma non le sue idee”), al coraggio che è costato la vita al fratello Peppino (“è stato l’erede del grande movimento contadino siciliano portando avanti la politica della legalità”), fino ai momenti bui del tentato depistaggio (“Subranni depistò le indagini, fece carriera diventando capo dei Ros ma ora è sotto processo nella trattativa Stato-mafia”) e al ruolo fondamentale della madre che ha ricevuto giustizia sulla morte del figlio a tanti anni di distanza.

Ad unire il tutto è un messaggio rivolto ai ragazzi ma non solo: “La memoria – chiosa Impastato – è di fondamentale importanza, dobbiamo costruire il nostro futuro sulla memoria. I 100 passi non è solo un film o una canzone di successo ma è una realtà storica e dobbiamo dare un senso alle battaglie che portiamo avanti. Dobbiamo superare l’indifferenza che porta alla rassegnazione perché quando manca il bisogno della verità non si fa altro che spalancare la porta a mafia e fascismo e questo oggi mi spaventa molto”. Secondo l’autore “trasmettere il messaggio di Peppino è educativo di fronte a tanti esempi, dall’esultanza fascista a Marzabotto fino ai fatti di Ostia, che fanno paura. I giovani una volta davano un senso diverso alla vita ed erano più impegnati”.

I momenti più commoventi toccano il ricordo della madre Felicia, i giorni successivi all’omicidio del fratello e la nascita della Casa Memoria che “ha sede nella nostra abitazione da piccoli. Mio cugino mafioso americano dopo la morte di Peppino voleva vendetta per mio fratello ma mia madre rispose decisa ‘no, io voglio verità e non vendetta’. Felicia ha avuto un ruolo fondamentale perché, anziché chiudersi nel suo lutto, ha aperto le porte di casa nostra, ricevuto gli amici di Peppino e iniziato a raccontare a tutti la sua storia”. Fu proprio la madre a “porsi il problema del passaggio di consegne sul ricordo di Peppino e ha detto, prima a me e poi ai miei figli, di continuare a raccontare la storia. Abbiamo quindi capito che quella casa non apparteneva più a noi e abbiamo deciso di metterla a disposizione di tutti, un impegno che seguiva le orme delle idee di Peppino”.

Quando vengono persone a Cinisi, e soprattutto i giovani, appena entrati a Casa Memoria si emozionano, così come durante la passeggiata dei 100 passi” prosegue Impastato, ritenendolo “un bagno di memoria e cultura. Successivamente, con le chiavi in mano, entriamo a casa Badalamenti, l’Inferno di Dante, ed è anche quello un luogo che merita rispetto. È una storia diversa da quella di Peppino ma in quelle mura sono state prese decisioni importanti, come omicidi di mafia tra cui proprio quello di Peppino”.

L’attenzione si sposta quindi sul concetto di legalità che, secondo l’autore, “ha fatto dei danni. La legalità non significa semplice rispetto delle regole ma rispetto della dignità umana. Noi dobbiamo lottare per modificare le leggi affinché venga rispettato l’uomo”. Le citazioni toccano don Milani (“l’obbedienza non è sempre una virtù”) e la disobbedienza civile di Rosa Parks (“ha sfidato le leggi razziali non alzandosi dall’autobus e fatto nascere il movimento per i diritti civili in Usa”).

Un passaggio anche all’articolo di Sciascia del ’87 sui professionisti dell’antimafia: “In parte Sciascia aveva ragione ma ha tirato in ballo la persona sbagliata e cioè Borsellino – spiega Impastato -. L’antimafia è stata fatta anche da persone che ci hanno marciato su e che ci hanno fatto carriera, come alcuni imprenditori di Confindustria che dicevano di non pagare il pizzo ma avevano rapporti con la mafia. Di sicuro quando persone come Sciascia e Pasolini parlavano nel paese si apriva un grande dibattito, quello che non avviene ora”.

Quando la mafia ricorre a gruppi di estrema destra è molto pericolosa e non dobbiamo sottovalutare la grande astensione” commenta analizzando l’attualità l’autore, convinto inoltre che “la mafia è arrivata ad una grande svolta e la figura del mafioso non rappresenta più i Riina o Provenzano. Prima c’era un intreccio tra queste persone e la borghesia, oggi gli appartenenti alla cupola fanno parte della borghesia e i giudici non ci arrivano a capirlo. Su mafia capitale poi non dovevano togliere l’argomentazione dell’associazione mafiosa”.

Sul finale la famiglia Corli ha donato a Giovanni Impastato tre dipinti raffiguranti Peppino e lo stesso autore siciliano ha assicurato che verranno attaccate alla parete di Casa Memoria o Casa Badalamenti.

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