Spettacoli
19 Novembre 2017
La conferenza d'arte fa sold out al teatro Nuovo e si lega a un messaggio politico 

Il nuovo Rinascimento di Sgarbi parte da Michelangelo

di Redazione | 3 min

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di Federica Pezzoli 

Lo aveva già fatto con “Caravaggio”, ora Vittorio Sgarbi torna a usare il teatro come luogo dove mettere in scena l’arte per avvicinarla alla gente. Sabato sera al teatro Nuovo per quasi tre ore ha tenuto per il pubblico una vera e propria lectio magistralis su Michelangelo, con lui ancora una volta le musiche per archi scritte e interpretate da Valentino Corvino e le vivide proiezioni del visual artist Tommaso Arosio che accompagnano la platea in questa immersione nell’arte.

Meno incisivo del precedente spettacolo su Michelangelo Merisi, nel quale il critico ferrarese aveva creato un parallelismo con il grande Pier Paolo Pasolini, ma non per questo meno interessante: in questo spettacolo Sgarbi è riuscito, infatti, a cogliere e restituire la cifra distintiva dell’opera dell’artista emblema, insieme a Leonardo, del nostro Rinascimento, la “sospensione del tempo”. Ecco perché le creazioni di Michelangelo diventano i punti di partenza di un viaggio attraverso l’arte occidentale: è un circolo, senza inizio né fine, ciò che importa è solo la necessità e l’urgenza della presenza della bellezza attorno a noi.

Nei tre pannelli la prima ad apparire è la celeberrima Pietà (1498-99), scolpita da un Michelangelo ventiquatrenne. La ragazza diciottenne e il suo figlio trentenne, tenuto in braccio come un bambino appena nato sono la perfetta rappresentazione visiva della preghiera dantesca di San Bernardino: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio | umile e alta più che creatura, | termine fisso d’etterno consiglio, | tu se’ colei che l’umana natura | nobilitasti sì, che ‘l suo fattore | non disdegnò di farsi sua fattura”, recita Vittorio Sgarbi. Ma l’opera diventa anche centro di una riflessione sull’esistenza nell’arte per mezzo di digressioni su Manet, Magritte e Jan Fabre.

Il David (1501-04) è, invece, l’emblema del “genico che si reinventa passato e presente”, della capacità di Michelangelo di “immaginare un passato che non poteva conoscere”; ed ecco apparire dietro al critico d’arte il trittico: David di Michelangelo, David di Donatello, Bronzo di Riace. Il Tondo Doni degli Uffizi e le Sibille e i Profeti della Cappella Sistina mostrano “la plasticità della pittura” dell’artista fiorentino, sono “sculture dipinte”. E in quella “incolmabile minima distanza” fra il dito di Dio e quello di Adamo, il critico mette “L’origine du monde” di Gustave Courbet.

Passando per il Mosè – che ha lo stesso sguardo concentrato e severo del David, perché entrambi portavano la responsabilità del destino del proprio popolo – e il Giudizio Universale, si arriva infine agli ultimi lavori di Michelangelo, quelli dal linguaggio più contemporaneo, sorprendentemente anticipatore dei tempi. Qui “il non finito diventa una tecnica”, “un non detto”. Fino a quell’ultima “Pietà Rondanini” che chiude il cerchio: scolpita fra 1555 e 1564, l’anno della morte di Michelangelo, ci offre una “materia magmatica” e rappresenta nella pietra Madre e Figlio insieme, “non un corpo, ma un’anima”.

Certo, Sgarbi è sempre Sgarbi e la sua vis polemica ritorna a tener desta l’attenzione dello spettatore, ironica e dissacratoria, piacevolmente priva di quella mancanza di controllo delle comparsate televisive, quando parla della sua idea di portare i Bronzi di Riace a Expo Milano o della sua impari lotta contro il nuovo allestimento della Pietà Rondanini a Milano, oppure ancora nell’intelligente parallelismo fra l’immagine della Scuola di Atene di Raffaello e quella di un’imminente esecuzione di militari siriani da parte di miliziani dell’Isis davanti al sito archeologico di Palmira.

Anche nelle frasi più irriverenti di Sgarbi è impossibile non cogliere l’intenso e assoluto amore per ciò che arte è e chi arte fa. Grazie a questo, alla sua verve e all’innata capacità dialettica, arriva dritto allo spettatore anche il messaggio politico del critico d’arte: l’Italia deve ritrovare i valori espressi nelle opere dei suoi grandi artisti, bisogna dare valore alla bellezza e parlarne associando il concetto anche alla politica che da qui dovrebbe ripartire per un nuovo Rinascimento. 

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