Attualità
19 Novembre 2017
A Ferrara il racconto della straordinaria vicenda dei ragazzi dell’associazione antimafia Cortocircuito, fondamentali per scoprire i legami della 'Ndragheta in regione

“Il processo Aemilia riguarda tutti, rimaniamo vigili”

di Redazione | 4 min

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di Mattia Vallieri

È la straordinaria vicenda di un gruppo di ragazzi dell’associazione antimafia Cortocircuito al centro del seminario ‘Il processo Aemilia: stato dell’arte e nuove prospettive’, un incontro questo, organizzato da Libera e Centro mediazione, che è compreso all’interno del cartellone dell’ottava ‘Festa della legalità e responsabilità’.

Nata nel 2009, come giornale studentesco liceale, l’associazione è uscita alla ribalta nazionale attraverso reportage e video inchieste che hanno contribuito in modo decisivo nel fare emergere il fenomeno della criminalità organizzata nella regione emiliana.

“È stato sorprendente vedere come le attività della ‘ndrangheta in Emilia Romagna fossero molto più vicine a me di quanto credessi e mai avrei pensato che una nostra video inchiesta sarebbe finita all’interno del processo contro il boss Grande Aracri” introduce il coordinatore Elia Minari (relatore del dibattito assieme all’avvocato Antonio Monachetti e alla giornalista Sabrina Pignedoli). È lo stesso Minari a raccontare come ritenga il lavoro della sua associazione “un piccolo contributo che vuole essere di stimolo anche per altri ragazzi. Ogni cittadino può decidere quale discoteca, pizzeria o ristorante frequentare senza attendere il sequestro o confisca del locale. Ci sono cose che non vanno ignorate e occorre muoversi senza fatti eclatanti ma partendo dalla nostra quotidianità”.

Il coordinatore di Cortocircuito (autore di un libro dal titolo ‘Guardare la mafia negli occhi’) successivamente ricorda in maniera dettagliata tutta la vicenda di Brescello che ha portato allo scioglimento del consiglio comunale per mafia: “Inizialmente avevamo delle domande e non pensavamo si arrivasse allo scioglimento. Noi abbiamo pubblicato un semplice video su Youtube che ha suscitato una manifestazione di piazza, alla presenza anche dei figli del boss Francesco Grande Aracri, in cui sono state pronunciate parole anche piuttosto violenti per un’inchiesta realizzata da un gruppo di studenti. A quella manifestazione, di sostegno al sindaco che aveva elogiato il boss locale, erano presenti anche dei componenti della cosca e gli inquirenti hanno analizzato attentamente chi fosse presente”.

La reazione più incredibile nel paese di don Camillo e Peppone però, secondo Minari, “è stata quella del parroco che in prima pagina sul Resto del Carlino aveva detto che Cortocircuito, quindi noi, aveva fatto danni al turismo. Secondo lui a fare danni quindi non è stata la ‘ndrangheta ma una video inchiesta di un gruppo di ragazzi”. Non da meno però anche il commento dell’allora primo cittadino Coffrini che definì Grande Aracri come “una persona gentilissima, composta ed educata. Parole dedicate da un sindaco in Emilia Romagna ad un suo concittadino condannato già allora in via definitiva”.

“In quel paese è emerso che alcune imprese che sono ritenute vicino alla criminalità organizzata hanno finanziato attività sportive e culturali conquistandosi il consenso sociale della cittadinanza ed è l’aspetto più impressionante” prosegue Minari, sostenendo che “una parte della responsabilità sta nell’indifferenza dello specchio di casa nostra, una indifferenza che a volte si cela dietro ai nostri comportamenti. In Emilia Romagna ciò che mi ha impressionato di più è stata la reazione dei cittadini. Ci sono persone nate in Emilia Romagna che sono scese in piazza a Brescello per sostenere il boss elogiandolo davanti ad una telecamera, senza alcun timore, e dichiarando che dava lavoro a molti e che ha aiutato tanti durante l’alluvione del Po”.

Ma non viene risparmiata neanche Ferrara: “Mi sono reso conto – afferma ancora il coordinatore di Cortocircuito – girando per la città e facendo interviste che molte persone ritengono che il fenomeno mafioso non riguardi la città ma ho approfondito la scorsa estate la vicenda della clinica privata Ferrara Day Surgery che ha ricevuto una interdittiva antimafia che vieta finanziamenti pubblici. È una situazione che mi ha interessato perché riguarda la sanità che in Emilia Romagna sembrava essere un settore immune. L’interdittiva riguarda solo la proprietà e nessun giornale di Ferrara, per quelli che sono i miei approfondimenti, ha dedicato una riga alla sentenza del Consiglio di Stato, c’è stata invece una conferenza stampa di difesa dei proprietari, assieme agli avvocati, che hanno detto testualmente ‘chi ha preso l’iniziativa sull’interdittiva antimafia dovrà fare i conti con ciò che ha fatto’”. E ancora: “Nell’interdittiva alla clinica – conclude Minari – i giudici del Consiglio di Stato parlano chiaramente di ingenti quantità di contanti per acquisire immobili e hanno dichiarato che sono state violate le norme sulla tracciabilità dei flussi finanziari e rilevate disponibilità incongruenti con le fonti reddituali.  Ho domandato al direttore sanitario, che non è chiamato in causa dall’interdittiva, perché avesse deciso di lavorare per quella clinica e lui mi ha risposto per ambizione. Gli ho chiesto se l’ambizione personale dovrebbe trovare un freno di fronte al rischio di infiltrazioni mafiose e ne è nata una discussione surreale”.

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