di Cecilia Gallotta
Sono ufficialmente aperte le porte del Palazzo Diamanti, che fino al 7 gennaio danno il benvenuto all’ “ultimo sognatore dell’officina ferrarese”, con l’omonima e prima mostra monografica su Carlo Bononi.
“Una mostra frutto di coraggio e coerenza”, afferma il sindaco Tagliani al momento inaugurale, complimentandosi con i collaboratori di Ferrara Arte – fautrice della mostra – e davanti a uno sciame di persone, tra cittadini e autorità, che disposti in fila attendevano l’entrata fin da corso Porta Mare.
“Ferrara ha tirato fuori dal cassetto alcune delle sue memorie più preziose – prosegue il sindaco – in una mostra che pareva essere una delle sfide più complesse”. Bononi è difatti un “pittore inafferrabile”, lo definisce il curatore Giovanni Sassu, “non facile e poco accessibile. L’obiettivo è infatti quello non solo di raccontare la biografia di un autore che vive il complesso passaggio tra controriforma e barocco, ma soprattutto di far parlare le opere”.
Ogni opera ha una sua storia e un suo significato, ma tutte sono legate dall’inconfondibile linguaggio “intensamente patetico e sentimentale dell’iconografia religiosa – spiega la curatrice Francesca Cappelletti- unito alla grandiosa melanconia delle sue figure”. Una firma che lega le sue radici a due figure omaggiate nella prima sala, Ludovico Caracci e il Guercino, rispettivamente con Trinità con Cristo morto e San Girolamo nell’atto di sigillare una lettera, entrambi punto di riferimento per l’artista ferrarese.
Dalla seconda sala la mostra apre alla maestosità biografica del Bononi, che via via si avvicina sempre di più al pathos custodito dalle opere di Santa Maria In Vado, che ospita infatti anche parte della mostra. E se Palazzo Diamanti apre il suo cantiere alla mostra, “noi vorremmo che si aprisse un ‘cantiere’ sulla Ferrara del diciassettesimo secolo – afferma Maria Teresa Pacelli – che è quello che abbiamo cercato di iniziare a fare con Bononi, proponendo non solo quanto finora studiato su questo artista, ma anche un nuovo punto di vista critico. Ci piacerebbe cioè che non fosse un punto di arrivo, ma casomai di partenza”.
E, dopo aver guardato la mostra, “speriamo di aver iniziato un percorso di conoscenza su un autore così importante eppure poco noto – auspica Sassu – tanto che, così come si riconosce abbastanza facilmente un Cosmè Tura o un Dosso Dossi, anche Carlo Bononi possa essere inconfondibile nei grandi musei del mondo”.
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