Terre del Reno
2 Ottobre 2017

Terre del Reno va di fretta se no perde i fondi

di Redazione | 4 min

Come libero cittadino e al netto di ogni coinvolgimento politico o di parte, mi accingo a valutare pubblicamente una situazione ormai tipica riguardante i fondi per la ricostruzione post sisma in Emilia e in particolar modo, nel Comune di Terre del Reno in cui risiedo. Un paio di episodi servano ad esclusiva misura per comprendere meglio di semplici parole, quale approccio si applichi in maniera a mio parere controversa, alle scelte coperte da fondi post sisma.

Partiamo dalla delibera per la gara di acquisto di Nr 5 appartamenti a cui la regione destina fondi pari a 500.000 Euro a favore di nuclei già abitanti in case popolari (ERP) e che risultino ancora fuori alloggio. L’amministrazione stipula subito un preliminare con il vincitore del bando, mentre il gruppo di minoranza consigliare “Cambiamo Davvero” tramite ufficiale interrogazione datata 20 Agosto, interroga l’amministrazione medesima per sapere quanti nuclei nel nostro Comune sono in realtà fuori alloggi ERP causa sisma. La risposta arrivata solo la scorsa settimana evidenzia che ad oggi il nostro Comune non sa quanti nuclei vi siano (e se ve ne siano) fuori alloggi ERP.

Nel mezzo ci sta lo svolgimento di un consiglio comunale straordinario convocato d’urgenza il 31 agosto, onde chiedere di votare la delibera e formalizzare l’acquisto mentre si era chiesta alla regione una deroga alla delibera che allargasse il diritto ad altri cittadini bisognosi e per “Non perdere” i fondi. Ciò, verosimilmente sulla base della suddetta interrogazione che è probabilmente risultata illuminante, suonando come un campanello di allarme. In estrema sintesi, questo caso si riassume come un’iniziativa convulsa e un po’ superficiale, mettendo il carro davanti ai buoi pur di “non perdere i fondi”.

Si denotano oggettivamente ed in tutta evidenza, lo scarso valore dato alla dinamica ed alla sequenza degli atti che poteva o forse può ancora, portare ad una situazione di responsabilità danno erariale cui il Comune potrebbe incorrere se l’acquisto si fosse (o se sarà) formalizzato senza i requisiti guida regionali. In tal caso le casse pubbliche dovrebbero rispondere pesantemente.

A quel consiglio “Cambiamo Davvero” votò “NO” alla delibera per mani della capogruppo Avv. Gaia Righi, basandosi sul principio per cui serviva attendere chiarimenti dalla Regione prima di formalizzare e mettersi così al riparo da spese pubbliche impreviste. D’altra parte, chi di voi, privatamente, stipulerebbe l’acquisto di un immobile senza avere le carte giuste, tutte, al proprio posto? E’ diverso col denaro pubblico o c’era solo una gran fretta cattiva consigliera?

Il secondo caso riguarda le piazze di Sant’Agostino dove, un processo partecipativo del 2014 poco funzionale e soprattutto scarsamente frequentato dai cittadini, ha portato ad un progetto oggi fortemente contestato dagli stessi cittadini che hanno ignorato in massa la portata vincolante di quel processo, tre anni orsono. Ora la nostra amministrazione si pone al riparo e prende le distanze dalle eventuali modifiche, asserendo che lo spazio di manovra è scarso, pena “la perdita dei fondi”.

Questi due casi hanno un filo rosso comune, a mio parere. La “perdita dei fondi” viene vista come uno spettro che giustifica ogni mezzo ed ogni via pur di non perderli. Della serie “venga ciò che venga purchè sia pagato dalla Regione e guai a perder quei soldi”. La Regione siamo noi, cittadini che la alimentiamo di tasse.

Vale la pena avere progetti non funzionali ai bisogni dei cittadini, fare acquisti immobiliari o quant’altro in tutta fretta pur di godere di questi fondi “di tasca nostra”? Non varrebbe la pena, all’estremo, di rinunciare a quei fondi i quali si badi bene, più che persi come descritto similarmente a vederli scorrere giù in un tombino fognario, andrebbero altrove magari in progetti più sensati e forse più urgenti, penso a strutture o iniziative su scuole, ospedali, assistenza sociale ecc. Un cittadino civico (..ne abbiamo ..?) pensa anche più in largo del suo orticello!

Ho la netta impressione che il tutto venga condotto dalle parti, amministratori e cittadini inclusi in larga parte, come un assalto alla diligenza con scarsa lungimiranza. Serve sangue freddo quando si usano soldi pubblici, sempre, in special modo quando la fretta può esser cattiva consigliera o fautrice di opere non funzionali alle reali esigenze di un paesello di campagna, perché tale siamo e rimarremo, senza alcuna fatua aspirazione alla grandeur para-metropolitana come, troppo spesso, ormai, si respira ascoltando certi programmi.

Perché, con specifico riferimento al citato problema delle piazze, non si prende in considerazione anche la perdita di finanziamenti magari e ripartire da un progetto realmente condiviso e che risulti una mediazione fra principi socio-architettonici e reali bisogni? Sarebbe davvero una perdita pensando al futuro?

Emanuele Falavena

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