Attualità
25 Settembre 2017
Il messaggio del genitore dal palco del concerto per Federico

Aldrovandi. Tutti i “vero” di papà Lino

di Redazione | 3 min

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“Non avrei voluto raccontare di un figlio morto, di un figlio ucciso. È innaturale, è atroce, è ingiusto. Nessun genitore lo dovrebbe mai fare”. È iniziato così il discorso di Lino Aldrovandi dal palco del concerto Musica per Federico di sabato scorso.

Mentre la madre di ‘Aldro’ si è limitata a presentare uno dei gruppi ospiti e per la prima volta ha preferito non parlare, il padre è stato indeciso fino all’ultimo momento. Alla fine ha accettato gli inviti e – alla folla – ha raccomandato come “quel cuore che hai sentito vicino al tuo, con quei battiti dolcissimi a scandire il tempo della vita non potranno mai lasciarti indifferente a tanta bellezza, in un mondo mostruosamente disumano e criminale, che non riesce, nonostante la storia abbia tragicamente insegnato, a farci crescere in pace e serenità, per quel futuro a cui ogni figlio, ed ognuno di noi, ne avrebbe sacrosanto diritto”.

“Cercate – questo l’invito agli spettatori – di gioire delle carezze dei vostri figli, dei loro respiri, dei loro sorrisi, perché un giorno anche se cresceranno, quelle carezze, quei respiri e quei sorrisi non vi lasceranno mai”. Anche perché “quanti altri, come me e Patrizia, potrebbero raccontare di altre vite strappate ai loro cuori assurdamente, mentre quelle vite avrebbero dovuto ritenersi in mani sicure. Vero Ilaria? Vero Andrea? Vero Guido? Vero Lucia? Vero Claudia? Vero Domenica? Vero Osvaldo? Vero Elena? (i riferimento sono ai parenti di Cucchi, Magherini, Uva, Ferrulli, Casalnuovo, Budroni, Guerra, tutti casi di persone morte per mano di divise, ndr). Quanti “vero” avrei da rivolgere ad una lunga lista di famiglie in attesa di piccole giustizie, ma sacrosante”.

Lino Aldrovandi è consapevole che “piccoli passi sono stati fatti nella storia maledetta di Federico, e di questo personalmente non posso che ringraziare anche le stesse istituzioni che ci sono state accanto. Ho conosciuto nella storia di Federico delle persone importanti in ruoli istituzionali importanti, con una morale dentro di loro che non ha dato ascolto alla pancia, ma al cuore e al diritto, al diritto di vivere”.

Ma ciò nonostante quelle persone, “per ora non sono stati sufficienti a farci crescere nel nostro sistema civile e democratico, malato purtroppo di tante impunità. Le cose da fare quindi sono tantissime, a livello di credibilità e onestà in tutti i sensi, in questa nostra bistrattata Italia”, dove i “manganelli [sono] usati troppe volte sulla gente che manifesta perché disperata e perché purtroppo ha perso il lavoro o che lotta per i diritti”.

“Non mi piace tutto ciò, non mi piace – prosegue Lino -. Ma io non sono niente. Sono solo un papà condannato da quel 25 settembre 2005 ad essere orfano di un figlio ucciso senza una ragione da quattro persone in divisa”.

Il pensiero va poi agli ultra, non solo di Ferrara, che da anni testimoniano solidarietà e vicinanza alla famiglia Aldrovandi, “quei ragazzi di 20, 40 e 60 anni e anche oltre” che “ci furono accanto per quel percorso di giustizia che ci vede uniti in un unico colore indelebile, il più prezioso che esista, il colore della vita. Ci vede uniti perché quel colore ci riguarda tutti. Senza dimenticare tutte le altre componenti che hanno fatto parte di questa storia maledetta e che hanno lottato con noi per aprire le coscienze”.

Vengono poi “gli amici di Federico fino ad arrivare alle persone, nessuna esclusa, che pur non avendolo conosciuto, nel sentire pronunciare il suo nome si commuovono ancora nel pensare a Federico come ad un loro figlio. E questo ci dovrebbe insegnare molto nel cammino impervio della vita che continua, che deve continuare, per imparare dagli errori, ma soprattutto dagli orrori”.

“Ma ora mi fermo – conclude – perché questa sera è la musica che deve arrivare lassù, magari anche attraverso i battiti dei vostri cuori”.

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