Terre del Reno
21 Settembre 2017
Secondo l’accusa un’azienda di Dosso avrebbe gonfiato l’importo dei lavori da eseguire per i danni del terremoto

Truffa e riciclaggio sui fondi post-sisma, in aula gli inquirenti

di Redazione | 2 min

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Il gip Carlo Negri del tribunale di Ferrara ha convalidato l'arresto e confermato la custodia cautelare in carcere dei due ferraresi che, nella serata di martedì 9 aprile, sono stati arrestati con l'accusa di detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti dalla Polizia di Stato che li aveva sorpresi in flagranza con oltre un chilo di hashish in auto

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(foto di archivio)

Dosso. Si è aperto con l’interrogatorio dei primi testi della pubblica accusa il dibattimento nel processo sui fondi post sisma a Dosso di Sant’Agostino.

In aula hanno parlato gli inquirenti della tenenza di Cento della guardia di finanza che hanno svolto le indagini. Dopo di loro è stata la volta di un ingegnere della Regione Emilia-Romagna (l’ente è parte civile nel processo)

Alla sbarra ci sono sei imputati – un settimo Andrea Magri, accusato di truffa, ha scelto il rito abbreviato ed è stato assolto in sede di udienza preliminare – accusati a vario titolo dei reati di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e riciclaggio: gli accusati per la truffa sono Gianluca Alberghini, titolare dell’azienda Far di Dosso (difeso dall’avvocato Beatrice Capri del foro di Bologna), Cristiano Garutti e Stefano Anselmi (amministratori della società esecutrice di alcuni lavori, la Fenice Srl, difesi dagli avvocati Gianluca Filippone e Albero Bova); gli accusati di riciclaggio sono Fabiana Borsari (Future Home Immobiliare, avvocato Filippone), Mara Vaccari e Filiberto Trevisani (rispettivamente della Immobiltre e Omnia srl, difesi dall’avvocato Enrico Zambardi).

Nel febbraio 2016 le Fiamme Gialle estensi denunciarono in tutto sette persone (come detto, una è stata assolta) a conclusione di un’indagine nel corso della quale vennero sequestrati anche beni per circa 650mila euro. Secondo gli inquirenti la Far avrebbe gonfiato l’importo dei lavori da eseguire per i danni post sisma 2012 in modo da ottenere finanziamenti più cospicui, tramite false fatture emesse per lavori considerati mai eseguiti e liquidate sia all’azienda (per circa 200mila euro), sia a una delle imprese che avevano eseguito i lavori (La Fenice).

I soldi illecitamente incassati – sempre secondo la tesi dell’accusa – sarebbero poi stati fatti confluire nella disponibilità di tre degli odierni imputati, attraverso i conti intestati a società ritenute di comodo a loro riconducibili che avrebbero in seguito messo in atto una serie di operazioni fittizie attraverso lo schermo di società create ad hoc.

La linea difensiva tende a provare che quei lavori, a ogni modo, furono effettuati e questo dato materiale farebbe venir meno il presupposto della truffa e, a cascata, anche quello del riciclaggio.

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