Attualità
19 Agosto 2017
Il proprietario di Apelle Matteo Musacci mantiene la promessa fatta lo scorso anno. “Non chiudo nonostante il festival, ma proprio a causa sua”

Ci sono i Buskers. E il locale chiude per ferie

di Redazione | 2 min

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Mantiene la promessa fatta lo scorso anno Matteo Musacci, proprietario del ristorante cocktail-bar Apelle di via Carlo Mayr, che quest’anno rimarrà chiuso per ferie per tutta la durata del Buskers Festival. La causa, già lo scorso anno, era stata individuata nella totale assenza di artisti lungo l’intero asse della via, e la conseguente “desertificazione” di clientela per i relativi esercizi commerciali.

Assenza che si riconferma anche quest’anno: “i Buskers in Carlo Mayr non ci sono mai stati – dichiara Musacci – e dal momento che la mia segnalazione non è stata mai presa in considerazione da nessuno, non c’è motivo di rimanere aperto. I ferraresi per i Buskers non escono, e se escono non vengono a consumare da noi”.

Il problema, secondo Musacci, è da individuare soprattutto nella presenza dei gazebo, che creano “una competizione in cui non possiamo entrare: non solo non hanno le nostre spese di attività da sostenere, ma noi abbiamo un certo tipo di prodotto che non può neanche rientrare in una concorrenza con quello offerto da loro”. Questo uno dei motivi che porta altri esercenti della via a rimanere aperti durante il festival: L’Undicesimo Comandamento e il Messisbugo, per esempio “fanno bene a non andare in ferie, se hanno un tipo di offerta che riesce conciliarsi col festival”.

Del resto, “le persone non si vanno a imbucare in un ristorante per stare due ore fermi quando in piazza c’è un festival che gira”: lo dice anche l’ideatore ed organizzatore Stefano Bottoni, secondo il quale “se non ci fossero i gazebo, il festival durerebbe cinque giorni, cosa che accadrà se andiamo avanti così. I gazebo – prosegue Bottoni – vengono messi in gara d’appalto per pagare il viaggio dei pullman e quei cordini appesi al collo dei musicisti, e quando noi del Buskers non riceviamo neanche un euro, non si possono addossare le colpe così. Prima di sparare sul pianista, insomma, bisogna almeno sentire il pianoforte che suona”.

Nonostante, secondo Musacci, il festival sia “se vogliamo un po’ sovvenzionato anche da me con le tasse che pago, non voglio più discutere. Ormai ho capito che a chiudere non ci perdo, anzi: non chiudo come se non ci fossero i Buskers, ma è proprio la presenza del festival a darmi meno introiti. Auspico – conclude Musacci – che con il rifacimento di piazzetta Verdi, questa possa diventare un punto nevralgico per i Buskers o per qualcosa di alternativo”.

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