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18 Agosto 2017
Ospita la vastissima raccolta di manifesti pubblicitari del collezionista trevigiano Ferdinando Salce, detto Nando

A Treviso ha aperto il Museo nazionale Collezione Salce

di Redazione | 5 min

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Proporre una definizione compiuta ed esauriente del termine “grafica” sarebbe un’impresa davvero ardua, tanta è la ricchezza dei materiali che vi si possono ricondurre. E proprio per questo, in verità, ci si dovrebbe limitare a classificare, piuttosto che presumere di definire: registrando le moltissime tipologie, indicizzando i formati e le funzioni, elencando le svariate – e invero assai complesse – tecniche di incisione e di riproduzione a stampa. Con spirito più elettivo che sistematico diventa interessante ripercorrere la storia della grafica illustrata databile tra il 1850 e il 1950, affascinati dall’opportunità di enucleare, per questo periodo, un’enorme quantità di prodotti – manifesti, soprattutto – eccellenti, straordinariamente innovativi tanto nelle funzioni quanto nei linguaggi.

In questo contesto è assodato, una volta per tutte, l’importanza assoluta di quest’arte applicata, che ancora troppo spesso ci si preoccupa di dover emancipare moralmente dalla propria funzionalità, spiccatamente commerciale o più genericamente comunicativa che sia.

Già il giovane Roberto Longhi si dimostrava conscio del suo imprescindibile valore: nel 1918, affermava sicuro che qualche tempo prima, << nel sottozero inesorabile dell’arte nostrana, i cartellonisti italiani rifugiati all’estero [] erano ancora gli unici connazionali che sapessero fare dei “quadri”>> (in Rassegna Italiana”, I)

A Treviso ha aperto il Museo nazionale Collezione Salce, che ospita la vastissima raccolta di manifesti pubblicitari del collezionista trevigiano Ferdinando Salce, detto Nando, sotto la direzione di Marta Mazza.

Chissà se un museo dedicato era proprio ciò che aveva in mente Nando Salce (1878 – 1962), quando ormai cinquantacinque anni fa, nel dicembre 1962, donò la sua straordinaria collezione di manifesti pubblicitari allo Stato italiano. Di certo, come si evince dal testamento, era perfettamente conscio dell’importanza della raccolta <<per la storia degli stili e degli artisti, e per le evoluzioni degli usi e costumi della collettività>>; e certamente per questo auspicava che << servisse a studio e conoscenza di studenti, praticanti e amatori delle arti grafiche>>.

Ora il museo esiste – il Museo nazionale Collezione Salce – è un’eredità universale, pubblica, liberamente offerta a beneficio del sapere e del fare in un settore tanto specifico quanto sottovalutato. L’evento espositivo inaugurale apre con il titolo Illustri persuasioni. Capolavori pubblicitari della Collezione Salce. Tale progetto viene concepito in tre puntate, propone infatti un campionario di eccellenze della raccolta, connotandone in modo spettacolare la rinnovata e permanente esposizione a Treviso; per parlare, come il ragionier Salce sperava, a chiunque possa ancora amare la grafica pubblicitaria, guidato da conoscenza e competenza tecnica o semplicemente mosso da istinto, reminiscenza, empatia.

La prima puntata delle Illustri persuasioni, aperta il 27 maggio fino al 1 ottobre, mette in scena La Belle Epoque ( che è anche il titolo della mostra). Con materiali datati tra la fine dell’Ottocento e la prima guerra mondiale, ripropone i fasti di un momento storico tra i più vivaci e innovativi dell’era moderna, caratterizzato da grandi trasformazioni urbane e di costume: le Esposizioni universali, l’architettura del ferro e del vetro, la bicicletta e l’automobile, la luce elettrica, la moda per tutti, i cabaret, l’assenzio e lo champagne. Un’epoca che, nonostante le oggettive diseguaglianze e povertà, ammantò se stessa di un’esuberante “Joi de vivre”, decorata di fiori e scintillante di luci. Un’epoca in cui, come ebbe a dire il grande Marcello Dudovich, << non si poteva non avere fiducia nell’avvenire>>.

Un’epoca che com’è noto, fu anche indiscutibilmente l’“âge d’or>> del cartellonismo, di quelle grandi immagini colorate, subito popolari e amatissime, che tapezzarono i muri della città e sollecitarono vere e proprie manie, dalla Parigi del “cafè chantan” fino alla provinciale Treviso del giovane Salce. Ogni linguaggio artistico, in quell’epoca, si fece manifesto, a fini commerciali o anche semplicemente ideologici: dai retaggi accademici ai fitomorfismi modernisti al rigore austero e raffinatissimo delle Seccessioni germaniche; e tutti sono documentati, in mostra, attraverso capolavori di Chéret, Cappiello, Hohenstein, Dudovich, Metlicovitz, Terzi, Villa; e dell’immancabile Mataloni che nel 1895, complici le nudità castamente velate ma non troppo di una novella Venere accovacciata – il manifesto per l’ Incandescenza a gas brevetto Auser -, folgorò il diciottenne Nando alimentando per sempre la sua gioiosa ossessione.

Tutte le mattine correvo alla colonna Morris, per vedere gli spettacoli che annunciava. Nulla era più felice dei sogni offerti alla mia fantasia [] e che erano condizionati a un tempo dalle immagini inseparabili delle parole che componevano il titolo e anche dal colore dei cartelloni ancora umidi e gonfi di colla su cui questo spiccava…” Marcel Proust.

Gli ottanta pezzi esposti sono naturalmente un campione minimo di ciò che la collezione conserva nella sua interezza; ma grazie alla banca dati digitale, tutta la collezione è liberamente consultabile via internet.

Altre Illustri persuasioni saranno peraltro presto a disposizione: dal 14 ottobre 2017 al 14 gennaio 2018, un altro centinaio di pezzi andrà a raccontare gli straordinari decenni Tra le due guerre (anche questo titolo della mostra), forieri della grafica pubblicitaria di innovazioni formali e tecniche davvero sorprendenti, tra politiche aziendali e strategie di propaganda; e sarà la volta di Nizzoli, Carboni, Boccasile, Sironi, Codognato, Munari, Mauzan, Seneca.

Da giugno 2018, infine, la selezione di opere per la mostra Dal secondo dopoguerra al 1962 porterà alla luce la parte meno nota della Collezione; e sarà chiaro come nell’epoca in cui i terreni della grafica pubblicitaria cominciarono a essere contesi dai nuovi media, il manifesto fu costretto a effetti speciali completamente nuovi.

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