Cronaca
6 Agosto 2017
In via Boccacanale è situato lo studio del geometra che ha acquistato l'immobile. Disse anni fa: "Se mi tolgono la casa la faccio finita"

Dramma Bartolucci. Si è ucciso davanti a chi aveva acquistato la sua casa all’asta

di Elisa Fornasini | 3 min

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La scelta di Galeazzo Bartolucci di non bruciare insieme alla moglie e al figlio nella loro casa data alle fiamme nell’omonima piazzetta familiare non è stata probabilmente casuale. Anzi – con tutta probabilità – si è trattato di un gesto sofferto e ponderato, per lanciare l’ultimo, disperato, messaggio.

Se l’antiquario 77enne ha percorso i 350 metri che separavano la sua abitazione dal luogo del suicidio, sotto i portici dell’Oca Giuliva in via Boccacanale di Santo Stefano, c’era un motivo. E, come tutta la vicenda, è straziante.

L’uomo aveva deciso di farla finita a pochi passi dallo studio del professionista che aveva acquistato lo storico immobile dei Bartolucci all’asta lo scorso 30 settembre. L’ufficio del nuovo proprietario è infatti situato a pochi metri dal luogo del ritrovamento del corpo senza vita di Galeazzo.

Il messaggio è doloroso ma chiaro: quella casa la considerava sua e solo sua, ci abitava la sua famiglia da generazioni e non l’avrebbe mai e poi lasciata nelle mani di altri. A qualsiasi costo. Un pensiero che coltivava nella mente e nel cuore già da tempo. Anni fa, in tempi non sospetti, ancora all’inizio della procedura bancaria, aveva riferito all’avvocato che lo seguiva allora una frase emblematica: “Se mi tolgono la casa la faccio finita”.

Una dichiarazione che ora suona come una terribile verità. Ripercorrendo gli ultimi momenti di vita del Bartolucci, infatti, si legge un drammatico disegno. Piuttosto che lasciare il suo appartamento (fra l’altro inagibile dopo il terremoto del 2012, ndr) e il suo negozio di antiquariato aperto da 20 anni, ha preferito uccidere nel sonno la moglie Mariella Mangolini e il figlio Giovanni, aprire il gas, appiccare l’incendio nel locale e allontanarsi a piedi verso lo studio del nuovo proprietario che da lì a breve avrebbe ottenuto le chiavi di tutta la sua vita.

Un pezzo di vita era già indissolubilmente legato a via Boccacanale, lì dove è aperta Casa Cini. “Era la sua seconda casa” aveva commentato il fratello Pirro ai taccuini dei giornalisti. Ma in realtà l’aveva frequentata fino ai tempi di don Patruno, deceduto esattamente dieci anni fa. Un doppio filo, quindi, lo legava al luogo dove ha deciso di puntarsi alla testa la Smith & Wesson ereditata dal padre, e sparare. Dopo aver fatto lo stesso con la moglie e il figlio nelle loro rispettive camere da letto.

Una soluzione diversa era già sul piatto. Il custode giudiziario ha cercato di assistere l’antiquario nella fase post sfratto. Ieri (sabato 5 agosto) era previsto un incontro tra Galeazzo Bartolucci e i nuovi proprietari dell’immobile per trovare un compromesso: lasciare la famiglia, a titolo gratuito, nella sua abitazione fino al 1° ottobre quando poi avrebbe traslocato in un appartamento in affitto già individuato in via Bologna.

Bartolucci, durante tutta la procedura di pignoramento e sfratto, si era dimostrato collaborativo e sereno, tanto che ormai l’accordo sembrava cosa fatta. Erano stati avvertiti anche i facchini della Copster che il trasloco sarebbe stato con ogni probabilità rinviato. E invece è andato tutto in fumo sotto le fiamme della disperazione.

 

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