Economia e Lavoro
24 Luglio 2017
Si confermano alcuni segnali di ripresa, ma anche le ombre di un tessuto economico che fatica a tenere il passo del resto della regione

Come sta l’economia ferrarese

di Daniele Oppo | 6 min

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Mostra un fotografia del tessuto economico ferrarese in chiaroscuro il rapporto sulle  “Informazioni statistiche ed economiche della provincia di Ferrara” elaborato dalla Camera di Commercio, sui dati prevalentemente riferiti al 2016. Si confermano alcuni segnali di ripresa, ma anche le ombre di un tessuto economico che fatica a tenere il passo del resto della regione.

Le imprese attive in provincia. Provando ad andare un po’ più nel dettaglio, nel Ferrarese nel 2016 si sono registrate 32.391 imprese attive, 92 ogni mille abitanti: un rapporto che ci colloca più o meno a metà a livello regionale, insieme a Parma e al 40° posto tra le 110 province italiane.

Un quarto delle imprese sono agricole. Di queste oltre 32mila imprese il 24,5% opera nel settore dell’agricoltura (è il dato più alto in regione, a conferma della vocazione agricola di Ferrara). L’industria impegna solo il 7,9% delle imprese, uno dei dati più bassi in Emilia Romagna (fanno peggio solo Ravenna e Rimini, la media regionale è del 10,9%), le costruzioni il 14,3% (fanalino di coda) e il commercio il 21,6% (il secondo dato più basso).

Imprese giovanili. Il dato sulle imprese giovanili è buono nel contesto regionale, molto meno in quello nazionale, dove però – con l’eccezione di Reggio Emilia, unica a superare Ferrara – tutte le province emiliano-romagnole occupano la parte bassa della classifica. A Ferrara ci sono 2.623 imprese giovanili, l’8,1% del totale, prevalentemente operanti nei settori “classici”: commercio, agricoltura e costruzioni. La bassa incidenza di imprese giovanili si spiega forse anche con un andamento demografico disastroso: Ferrara ha il rapporto di abitanti over 65 e 0-14 anni (indice di vecchiaia) nettamente più elevato in regione (249), 5° a livello nazionale. Da qui discende anche un elevato indice di dipendenza, ovvero il rapporto (in soldoni) tra la fascia di popolazione in età non lavorativa perché troppo giovane o troppo anziana (0-14 e over 65) e la popolazione che è in età da lavoro (15-64 anni). L’indice di 63,2, 8° posto in Italia.

Poche start-up, ma molte di alto valore. Le imprese innovative a Ferrara sono molto poche: solo 37, il numero più basso in regione dopo quello di Piacenza (36), con un rapporto di una start-up ogni mille imprese, ancora una volta fanalino di coda nella mini-classifica regionale. C’è però motivo di vedere la situazione con un po’ di ottimismo: il 21,6% (8) delle imprese innovative a Ferrara è di alto valore tecnologico in ambito energetico, ed è il rapporto migliore di tutta la regione, molto più alto delle media emiliano romagnola (15,6%) e di quella italiana (8,5%).

Le aziende rosa conquistano i servizi. Ferrara se la cava molto bene con l’imprenditoria femminile: a livello regionale fa meglio di tutte (in Italia è la 65^ provincia) con un’incidenza sul totale delle attività del 22,9%. Le donne operano prevalentemente nel settore dei servizi – dove le imprese femminili sono il 60,6% – e in quello del turismo. Ma – tranne trasporti e costruzioni – riescono a ritagliarsi una fetta considerevole (più o meno sul 20%) anche negli altri settori.

Imprese Estere. Le imprese estere sono l’8,3% del totale, pari a 2.697 aziende, distribuite per la quasi totalità nel commercio, nelle costruzioni e nell’agricoltura, dove addirittura percentualmente sono più delle imprese ‘autoctone’.

Fare rete? Nonostante ormai “fare rete” sia un mantra della classe politica estense, le imprese ferraresi non eccellono nell’attivazione dei contratti di rete: al 3 maggio 2017 erano 134, in particolare nei servizi, nell’agricoltura e nell’industria manifatturiera. Fanno molto meglio Bologna (338) e Modena (310), ma Rimini (118) e Piacenza (103) riescono a fare peggio di Ferrara.

Città d’arte e di cultura, ma le imprese del settore latitano. Ferrara, pur avendo un notevole potenziale a livello culturale, ha un deficit a livello imprenditoriale nel settore (industrie creative, culturali, di intrattenimento, di valorizzazione del patrimonio storico-artistico). Qui operano 1.322 imprese – il 3,6% del totale – che apportano il più basso valore aggiunto al sistema economico provinciale di tutta la regione (al pari di Forlì Cesana), ovvero il 4,1% del totale, impiegando solo il 5% degli occupati totali, quando la media regionale è del 6,6% e quella nazionale del 6,2%.

Turismo. Rimanendo più o meno nel settore, i numeri del turismo dicono quanto potenziale ci sia ancora da esplorare nel territorio di Ferrara. Nel 2016 la ripresa è stata forte: i viaggiatori stranieri sono stati 261mila, +31,8% rispetto all’anno precedente, con un saldo positivo del 2,4% nei pernottamenti. Hanno speso 83milioni di euro, non un valore tra i più alti, ma comunque positivo (+6,4%).

Cresce il valore aggiunto, ma rimane basso. Segnali positivi ci sono: ad esempio il valore aggiunto ai prezzi base e correnti è cresciuto dell’1,7% tra 2015 e 2016, attestandosi sugli 8,2 milioni di euro e si tratta di una delle migliori performance in regione, superiore di 0,2 punti percentuali alla media nazionale. In valori assoluti però rimane un discreto divario con la maggior parte delle altre province.
L’andamento del valore aggiunto pro capite registrato tra i due anni è invece il migliore di tutta l’Emilia Romagna: +2,6%. Ma anche in questo caso Ferrara rimane su valori assoluti nettamente inferiori alla media regionale: meno di 24mila euro  pro capite (nessuno così in basso) a fronte di una regione che sfora quota 30mila. Anche il confronto con la media nazionale non è positivo, anche se di poco. Rimane però il valore più alto dall’inizio della crisi e si sta avvicinando a quelli del 2008.

Chi produce ricchezza? A produrre ricchezza in provincia è soprattutto la pubblica amministrazione, seguita da artigianato, mondo cooperativo e professioni (che sono più o meno pari) e, infine, dal non profit (dati 2014). Guardando per tipo di attività economica e dimensioni delle imprese, risulta chiaro che Ferrara – in linea con le altre province – è prevalentemente un’economia con aziende di dimensioni abbastanza ridotte, sotto i 49 addetti: sono il 64,2% del totale, seguite da quelle di grandi dimensioni (250 addetti, il 26,7%) e di medie dimensioni (9,1%).

Export. Ferrara è una provincia a cui piace poco esportare: solo il 26,95% delle imprese ha una propensione in tal senso, e il grado di apertura del proprio mercato è del 37,9%. A far peggio, di poco, c’è solo Rimini. Eppure aprire il mercato ha comportato scambiare merci per un valore di oltre 2,2 miliardi di euro nel 2016 (2,5 miliardi nel 2015). È un dato rilevante in negativo e su cui bisogna lavorare perché la media regionale di propensione all’export è del 41,2%, mentre il grado di apertura è del 65%. Quel che spedisce lo spedisce soprattutto in Unione Europea e soprattutto in Germania. Le merci vengono prodotte prevalentemente dall’industria e in seconda battuta dall’agricoltura, quasi equamente suddivise tra prodotti tradizionali standard e specializzati di alta tecnologia. Una piccola quota riguarda anche i prodotti agricoli e materie prime.

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