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20 Luglio 2017
Spettacolo alla Scuola Grande della misericordia a Venezia fino al 5 novembre

Magister Giotto

di Redazione | 4 min

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Intorno alla figura di Giotto di Bondone (Colle di Vespignano, Firenze, 1266 c. – Firenze, 1337) sono fiorite, fin dal XIV e XV secolo, molte leggende, fra le più note delle quali è quella che narra come Cimabue avrebbe scoperto casualmente le doti innate di Giotto, giovane e povero pastore sui monti del nativo Mugello, scorgendolo mentre era intento a ritrarre una pecora su un sasso e conducendolo poi con sé in città per istruirlo.

L’aneddoto, pubblicato per la prima volta da Lorenzo Ghiberti nel 1455, riflette le idee della storiografia antica, perché, come altri anteriori, sottolinea la facoltà del pittore di essere, secondo quanto dirà il Vasari, <<buono imitatore della natura>> ancor più di Cimabue e, per questo, precursore delle teorie rinascimentali, senza che nessuno potesse averglielo insegnato, data l’epoca in cui – lo afferma un autore del Seicento – <<ancor bambina avvolta in fasce se ne stava la pittura>>.

Questa valutazione di Giotto, la cui importanza è vista solo in funzione degli artisti successivi, è antistorica. La sua pittura non deve essere giudicata come preparazione, ma di per se stessa, nell’ambito dell’età in cui è nata.

Il valore del pittore non consiste certo nel saper imitare la natura, ma nel riuscire a esprimere la propria concezione del mondo e quella della sua società. Questa è la grandezza di Giotto: egli è interprete della collettività borghese, laica e religiosa al tempo stesso, una collettività che crede nell’importanza del lavoro attraverso il quale al servizio dell’intelligenza si può dare forma alle cose, costruire città, chiese, case, ornarle con affreschi e sculture.

Giotto, sceso dai monti del Mugello nella vicina Firenze, sarebbe stato dunque allievo di Cimabue, secondo l’antichissima tradizione, che si è voluta talvolta negare, ma che è invece accettabile perché egli eredita dal maestro proprio questa concezione e il senso del volume, realizzato con il chiaroscuro ed enucleato con la linea di contorno.

Il 16 settembre 2017 alcuni massimi esperti di Giotto si daranno appuntamento a Vicchio nel Mugello per un convegno dal titolo <<Intorno a Giotto nel suo Mugello a 750 anni dalla nascita. Approfondimenti critici e nuove ipotesi>>.

Mentre “Giotto, grande artista del Trecento, comunicato con linguaggi contemporanei a chi vive il mondo oggi” viene proposta alla Scuola Grande della misericordia a Venezia fino al 5 novembre con il titolo “Magister Giotto”.

Questo spettacolo è un format realizzato dalla società Cose Belle d’Italia Entertainment, con la direzione artistica del regista Luca Mazzieri, l’apporto dell’architetto Alessandra Costantini e il supporto di un comitato scientifico composto da storici dell’arte (Alessandro Tomei, Serena Romano, Stefania Paone), filologi classici (Giuliano Pisani) e astronomi (Cesare Barbieri).

La trama del racconto l’hanno scritta loro. Il visitatore entra nel vasto atrio della Scuola Grande della Misericordia (d’impronta sansoviniana) e viene inizialmente attratto dalla riproduzione di un colossale crocefisso giottesco visto dal retro.

Indossa le cuffie e viene invitato a salire al piano superiore. Qui inizia l’avventura. Con la voce narrante di Luca Zingaretti e le musiche originali di Paolo Fresu, Magister Ioctus ci viene presentato in nove tappe. Nella prima si spiega perché Giotto fu così innovativo: voce narrante e colossali ingrandimenti ci fanno capire che il maestro puntò alla verità delle cose e alla profondità dei sentimenti. La seconda tappa è una visita agli affreschi di Assisi, la terza ci offre un volo d’uccello sui i luoghi d’Italia che videro presente e operante l’artista (Assisi, Rimini, Padova, Bologna, Roma, Napoli, Milano e Firenze). Nella quarta sezione assistiamo a un’experience impossibile nella realtà: vediamo riprodotti, accostati, ingranditi e spiegati tutti i Crocefissi concepiti da Giotto. La voce suadente di Luca Zingaretti ci invita poi a scoprire le celebri “leggende” giottesche (la storia della pecora dipinta sul sasso e quella dell’<<O>> perfetta tracciata a mano libera) e successivamente ci porta a cercare Giotto nella sua Firenze (la pianta della città è sotto i nostri piedi, sul pavimento). Si approda quindi a Padova, dentro la Cappella degli Scrovegni, e se ne esce con tutte le informazioni utili per andare a visitarla in situ.

Ma il vero colpo di scena è alla fine. Un film ci mostra come l’Agenzia Spaziale Europea organizzò nel 1986 una missione spaziale (detta Missione Giotto) per andare a fotografare da vicino (a soli 600 chilometri!) la cometa di Halley, la stessa che Giotto vide nei cieli di Padova e dipinse nella Cappella degli Scrovegni, nella scena dell’Adorazione dei Magi. Un finale inatteso, davvero emozionante.

Dopo Venezia, Magister Giotto andrà in Giappone (2018), mentre già si lavora ad altri format su Canova e su Raffaello.

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