Politica
17 Luglio 2017
La moglie di Piergiorgio agli Emergency Days: “Necessità sociale come lo è stato l'aborto o il divorzio”

Mina Welby: “Politici, votate subito il fine vita”

di Redazione | 4 min

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di Mattia Vallieri

L’incontro con Piergiorgio (“ci siamo conosciuti per caso, poi da amicizia il nostro rapporto è diventato amore ma lui non voleva sposarmi perché diceva che sarebbe morto presto”), le prime uscite “accompagnati da suo padre che aveva la patente e a cui abbiamo ridato una seconda vita”, i momenti di grande difficoltà quando il marito “iniziò ad avere i primi problemi di respirazione e mi chiese di non chiamare l’ambulanza ma di lasciarlo morire” oppure quando “arrivò il momento della sedia a rotelle, rimase arrabbiato per delle settimane”, fino all’impegno politico e alla richiesta di un aiuto al “Presidente della Repubblica con una lettera e al giudice ordinarioma l’unica soluzione che aveva davanti Piergiorgio era quella di fare disobbedienza civile”. È stato un racconto lucido, appassionato ed emozionante quello di Mina Welby che commemora il marito all’incontro ‘Fine vita, una decisione di dignità’ che ha chiuso gli Emergencydays 2017.

Il ricordo di Mina Welby si conclude con quel 20 dicembre 2006, a pochi mesi dalla lettera a Napolitano e pochi giorni dopo che il Tribunale di Roma respinse la richiesta di Piergiorgio di porre fine all’accanimento terapeutico (dichiarandola inammissibile a causa di un vuoto legislativo),quando cioè il dottor Riccio si presentò a Roma per porre fine alle sofferenze del marito. “Il dottor Riccio gli chiese se era veramente convinto di quello che stava facendo prima di staccargli il respiratore e Piergiorgio rispose ‘sì, lo voglio’ – dichiara la presidentessa dell’associazione Luca Coscioni -. Anch’io dissi che ero d’accordo perché avevo il dovere di stargli accanto anche se lui sapeva quanto sarebbe stato difficile per me”.

Impossibile non affrontare il presente che vede una legge sul fine vita bloccata al Parlamento ed un possibile processo alle porte per aver accompagnato in Svizzera a morire Davide Trentini. “Sulla legge per il fine vita ci sarà ostruzionismo e per questo chiediamo che venga votata subito – chiosa Mina Welby -. Per avere accompagnato Davide Trentini in Svizzera io e Cappato ci siamo autodenunciati e sicuramente verremmo chiamati per essere ascoltati”.

“È riconosciuto in Costituzione all’articolo 32 comma 2 la possibilità di rifiutare un trattamento sanitario ma sullo sfondo a questo c’è il reato di assistenza al suicidio che in Italia prevede dai 5 ai 12 anni” spiega il professore di diritto costituzionale Carlo Casonato, poco prima di raccontare la storia di Gloria Taylor (“chiedeva il diritto giuridico di morire in pace come compimento della propria vita”) e Daniel James (“ha provato a suicidarsi 3 volte prima di convincere i genitori molto cattolici ad accompagnarlo a morire a Zurigo”) a cui “i giudici della corte suprema canadese e un procuratore inglese hanno riconosciuto che l’assistenza al suicidio, dietro a certe condizioni, non può essere considerato un reato”.

A schierarsi contro la politica ci pensa il giurista Luca Benci: “In Italia non abbiamo diritto all’autodeterminazione ma ci sono centinaia di sentenze della magistratura a favore del tema – spiega Benci -. Oggi bisogna essere degli eroi civili come Piergiorgio e Mina Welby o come il dottor Riccio per rifiutare le cure”. E ancora: “Citando Rodotá, Davide Trentini e dj Fabo sono migranti di diritto – prosegue il giurista -. In questo momento manca la politica, su 7 o 8 articoli sulla legge sul fine vita sono stati presentati 3 mila emendamenti solo per rallentare la legge”.

A rincarare la dose contro la classe politica ci pensa poi il presidente di Exit Italia Emilio Coveri: “Sono pronto a fare una scommessa: faranno di tutto perché la legge sul testamento biologico non passi – tuona Coveri -. Noi non possiamo credere a questi politici e abbiamo un disegno di legge sull’eutanasia legale fermo perché non sappiamo a chi consegnarlo”. Stoccate anche sul finale: “Riceviamo continuamente – conclude il presidente di Exit – telefonate di persone disperate che non ce la fanno più ma noi possiamo solo dare informazioni su come poter morire dignitosamente in esilio. Questa è una necessità sociale come lo è stato l’aborto o il divorzio ma la politica se ne frega”.

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