Politica
11 Luglio 2017
Bruna Barberis, componente della segreteria della Cisl di Ferrara, scrive a Tortora e Tagliani per sollecitarli a intervenire

Gad. La sindacalista Cisl: “Prefetto e sindaco, non vedete quello che subiscono i cittadini”

di Redazione | 2 min

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“Sarebbe di buon senso dichiarare che questa mia non vuole essere una tra le tante lettere di sfogo, di rabbia, di denuncia o di critica, ma stante la situazione di forte disagio che vivo e condivido assieme alla comunità del quartiere, dei giudizi che ne seguiranno francamente me ne infischio”. Chi scrive è Bruna Barberis, componente della segreteria della Cisl di Ferrara.

La lettera è indirizzata al prefetto Michele Tortora e al sindaco Tiziano Tagliani. La Barberis prende carta e penna per denunciare quello che quotidianamente lamentano i colleghi che lavorano nella sede di Corso Piave, in piena zona zona Gad. Quei colleghi, così come “chi vive, chi lavora, chi transita per la Gad” assistono “ogni giorno ad episodi di inciviltà compiuti da ragazzi, soprattutto maschi, immigrati appartenenti a diverse nazionalità”.

La sindacalista fa qualche esempio. Le colonne del portico di Corso Piave, il portico della farmacia, i bidoni della spazzatura posti in Nazzario Sauro “sono utilizzate come latrine”; il parchetto Moreno Incerpi è utilizzato come “dormitorio pomeridiano piuttosto che come pista per effettuare acrobazie con le biciclette, oltre che a ridursi giornalmente a discarica”; il portico di Corso Piave “è ormai “transito”, nella migliore tradizione della “Città delle Biciclette” per gli spaccini in sella ai velocipedi; ecc. ecc. perché tutti sanno tutto, non fosse altro perché avviene alla luce del sole”.

“Signor Prefetto, signor Sindaco di Ferrara – prosegue la lettera – quello che Voi non vedete è ciò che molti cittadini, tra cui la sottoscritta subiscono ormai quotidianamente: sono gli sguardi degli spaccini, e sì, perché se ti azzardi a non abbassare lo sguardo quando li vedi distribuire la dose e come se li sfidassi; perché se ti permetti di fargli notare che per fare la pipi si possono usare i bagni della stazione, in risposta ti mandano a “cagare” (ovviamente in italiano corretto)”.

“Lo stato di insicurezza e di paura – insiste Barberis – ci conduce al senso di abbandono che però non puzza come la pipì e non è così evidente come i rifiuti abbandonati nei parchetti e forse è per questa ragione che si pensa possa essere di consolazione sapere che chi delinque non è l’immigrato a carico della collettività”.

La missiva si conclude on un appello, sempre rivolto a sindaco e prefetto: “la libertà di sentirsi al sicuro nella propria città non è, o meglio, non dovrebbe essere una questione di immigrazione: combattere la delinquenza da chiunque perpetrata è un dovere delle Istituzioni che rappresentano il Governo. La mia casa è dove vivo è ho il diritto di non avere paura”.

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