I lamenti per la Provincia di Ferrara “ridotta alla fame” con appena un milione di euro elemosinato dallo Stato, diffusi da esponenti politici (per non fare nomi: A. Marchi, T. Tagliani, M. Zappaterra) hanno turbato il governo, il quale, disponendo per fortuna di un consulente ferrarese capace di cogliere le sfumature idiomatiche locali, l’ha incaricato di chiarire la questione.
Il Marattin è prontamente intervenuto, ma s’è palesato con un deludente giro di parole, forse perché mancante di passaggi-chiave del tipo: “A voi non sfugge proprio niente!” o “Avete perfettamente ragione! Chissà dove hanno la testa, a Roma!”.
I tre, allora, sempre a mezzo stampa hanno riannunciato la loro insoddisfazione. La Zappaterra ha cortesemente chiarito che il Consigliere governativo s’è “perso una buona occasione per tacere”.
Visto l’insuccesso, invece di ritentare correggendo un errore metodologico, Marattin suggerisce di smetterla di “dire cifre false” perché – spiega – alla Provincia di Ferrara (come a tutte le altre) arrivano, sì, pochi soldi, ma di certo non per solo un milione di euro, dato che di milioni ne stanziano cinque. Sollecitando poi i reclamanti a leggere “tutto” l’art. 20 del testo dell’assegnazione e relativi commi 1, 2 e 3, non limitarsi al comma 3 dal quale risulterebbe quel milione “da fame”.
E qui il Marattin commette un secondo errore: dimenticando d’aver a che fare con dei frutti maturi della democrazia e che all’umanità manca ancora il rilievo automatico delle attività sinaptiche, non propone nulla di più dell’invito a vecchi arnesi della politica di leggere i documenti dall’inizio alla fine! Come se ci fosse una correlazione certa fra lettura e comprensione!
Non tiene conto che i suoi interlocutori sono stati eletti e rieletti, risultando perfetti rappresentanti di una maggioranza di cittadini composta prevalentemente (dati Ocse consolidati) da “analfabeti funzionali”! Possibile che non associ questa mestizia con la figura di guano di un Ministro, suo concittadino, per aver deciso nomine in difformità da una legge a cui lui stesso aveva messo mano, presumibilmente senza mai averla letta?
È chiaro che oggi manca un elemento essenziale alla democrazia rappresentativa: il LETTORE di supporto, cioè una nuova figura professionale politica, via di mezzo fra il consulente verbale, l’insegnante di sostegno e il ruolo del Lecturer nelle università britanniche.
Basterebbe sostituire gli inutili “portavoce” con queste nuove figure senza incrementare i costi, ottenendo l’immenso risultato di conferire agli Eletti livelli di consapevolezza mai raggiunti prima.
Suggerirei al Marattin, alla luce della sua consulenza, di proporre in sede governativa l’ipotesi di un decreto legge ad hoc per sopperire ad una necessità troppo trascurata. Con molta probabilità, l’idea riscuoterebbe un successo mondiale senza precedenti.
Paolo Giardini