Economia e Lavoro
22 Giugno 2017
I dati delle indagini Excelsior segnano un saldo negativo di 16mila unità

Un terzo dei ferraresi si sposta per lavorare

di Redazione | 3 min

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È un saldo negativo, segno di un forte sbilanciamento, quello che registra il pendolarismo dei lavoratori dipendenti ferraresi: un terzo dei residenti in provincia si sposta per lavoro in altri territori, principalmente Bologna, ma anche Modena e Ravenna. “Segno questo che le realtà esterne alla provincia riescono a dare più opportunità di quante ne offra la provincia stessa”, evidenzia Pietro Aimetti, amministratore delegato del Gruppo Clas.

Le indagini statistiche del progetto Excelsior – Unioncamere e Gruppo Clas – individuano “una tendenza chiara ad una maggiore mobilità nel territorio”. I flussi, anche quelli interni, erano già importanti nel 2008 – si parlava allora di oltre 18.000 lavoratori in uscita, secondo uno studio dell’Osservatorio del Mercato del Lavoro (OML) in Provincia – e registrano ora un importante incremento. Oggi (i dati si riferiscono al 2016, ndr) i flussi totali in uscita segnano 28.600 lavoratori dipendenti, di cui 21.800 verso province limitrofe; i flussi totali in entrata sono invece di 12.600 unità, di cui 8.8000 da province più vicine.

“È uno sbilanciamento importante”, evidenzia Aimetti: se in provincia di Ferrara i lavoratori dipendenti residenti sono circa 86.000, un terzo di questi si sposta in altri territori per lavoro. Per contro, dei 70.000 dipendenti attivi nel territorio provinciale, solo il 18% di questi – pari a 12.600 lavoratori – è un residente extra provinciale. È in questi termini che si può parlare di un saldo ‘negativo’ di 16 mila unità. “Questo apre ad altre domande, e a possibili sviluppi dell’indagine: siamo forse davanti ad una sottrazione di competenze dal territorio?”, si chiede Aimetti.

Verso Bologna per un impiego nel settore dei servizi, ma anche nel settore industriale; verso Ferrara per la stessa ragione: i flussi in entrata e in uscita sembrano concordare riguardo al settore di impiego, quello dei servizi, ma anche qui lo sbilanciamento è notevole. Il terziario extra provinciale raccoglie 9.940 lavoratori dipendenti, il tessuto ferrarese ne attira 3880. Verrebbe da chiedersi – e potrebbero essere proprio queste i temi delle prossime indagini statistiche – se tra i pendolari ferraresi siano più concentrati gli high skill e se siano soprattutto i giovani a muoversi: “non serve il localismo”, interviene così il presidente della Camera di Commercio di Ferrara Paolo Govoni, “ma dare importanza alla ricchezza del territorio”.

“Quello che diamo non è un messaggio positivo, ma alcuni segni verdi ci sono: serve un idea di progetto di sviluppo territoriale a lungo termine, capace di essere attraente per le persone e attrattivo per le imprese, capace di generare imprese nuove, non nuove imprese”, evidenzia Mauro Giannattasio, direttore Cciaa Ferrara. Anche perché di imprese nuove, a Ferrara, ce ne sono sempre meno: “meno cessazioni, meno iscrizioni”, spiega Caterina Pazzi (Studi statistici Cciaa Ferrara) leggendo i dati congiunturali del primo trimestre 2017 registrati dall’Osservatorio dell’Economia. Il saldo, negativo, è di 339 unità.

“Ci sono alcuni segnali positivi, ma parlare di ripresa fa ancora paura: dobbiamo sì essere contenti di qualche piccolo segnale, ma la ripresa è una cosa che interessa più l’Europa dell’Italia”, evidenzia ancora.

L’andamento è positivo per il settore turistico, ma soltanto nel Comune capoluogo; continua la contrazione delle vendite anche per la grande distribuzione e il crollo delle esportazioni del settore automotive – oggi rappresenta meno dell’8% del valore complessivo commercializzato all’estero dalle imprese ferraresi, due anni fa ne costituiva un terzo; cresce l’export, quasi esclusivamente nei settori moda e metallurgia, e si inverte il trend negativo del valore complessivo dei prestiti concessi; ma è un segno positivo che non interessa i finanziamenti alle piccole e medie imprese, ancora in deterioramento.

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