Morto mons. Bentivoglio, fu il confessore di Igor il russo
È venuto a mancare ieri sera (giovedì 18 aprile) a 86 anni mons. Antonio Bentivoglio. Mons. Bentivoglio era nato a Ferrara il 4 febbraio 1938
È venuto a mancare ieri sera (giovedì 18 aprile) a 86 anni mons. Antonio Bentivoglio. Mons. Bentivoglio era nato a Ferrara il 4 febbraio 1938
Parla e respinge ogni accusa il 49enne ferrarese finito a processo per adescamento di minore, pornografia minorile e corruzione di minorenne, dopo che tra febbraio e novembre 2018 - secondo la Procura - avrebbe adescato una ragazzina di 14 anni, compagna di scuola di sua figlia, prima inviandole foto dei suoi genitali e poi inducendola a fare altrettanto, attraverso lusinghe e regali - come ricariche telefoniche - per provare a ottenere in cambio la sua fiducia
Il tribunale di Ferrara ha inflitto un anno di pena al 67enne finito a processo con l'accusa di tentata indebita percezione di erogazioni pubbliche dopo che, approfittando del suo ruolo di rappresentante legale di una società edile, avrebbe agito con l'intento di ottenere 134.835 euro a titolo di contributo a fondo perduto previsti per i soggetti che vennero colpiti dall'emergenza epidemiologica del Covid-19
Ancora droga in Gad dove, ieri (giovedì 18 aprile) mattina, davanti all'Eurospin di via Porta Catena, i carabinieri del Norm di Ferrara hanno arrestato un uomo di nazionalità nigeriana per detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti
C'è l'inattendibilità delle parole di Pietro Scavuzzo, il 'grande accusatore' di tutta la vicenda, tra i principali motivi che hanno spinto il gup Carlo Negri del tribunale di Ferrara a pronunciare sentenza di assoluzione nei confronti dei cinque imputati nel processo per le presunte tangenti tra i padiglioni di Ferrara Fiere, accusati a vario titolo di induzione indebita e peculato
Nuovo capitolo nella vicenda giudiziaria legata all’omicidio Tartari. Gli avvocati difensori di Patrik Ruszo e Constantin Fiti hanno presentato le richieste di appello per i propri assistiti. Qualora venissero accolte toccherebbe alla Corte d’Appello di Bologna pronunciarsi nel merito.
Era il 17 febbraio quando Ruszo e Fiti vennero condannati entrambi all’ergastolo con isolamento diurno per un anno, per l’omicidio di Pierluigi Tartari, avvenuto nel settembre 2015, dopo una rapina finita male nella casa sua casa di Aguscello. Il corpo della vittima venne ritrovato 17 giorni dopo il fatto nelle campagne ferraresi che si trovano dietro il carcere dell’Arginone, in zona via Pelosa.
Nelle motivazioni delle due richieste d’appello si trovano alcuni elementi in comune. Sia l’atto redatto dall’avvocato Alberto Bova, difensore di Fiti, che quello presentato dall’avvocato Patrizia Micai, che cura la difesa di Ruszo, convergono sull’inattendibilità della testimonianza resa da Ivan Pajdek e sulla ricostruzione di quanto avvenuto negli istanti immediatamente precedenti la morte di Tartari. Scrive l’avvocato Micai: “La sentenza che si impugna in realtà è un racconto […] per molti versi sguarnito di motivazione logica e di riscontri esterni alle dichiarazioni prese per vere del coimputato Pajdek”. Cui fa eco l’avvocato Bova:”[…] una siffatta ricostruzione storica, oltre a non trovare conferma nella più equilibrata lettura dei dati tanatologici e di rinvenimento della salma, risulta in contrasto con una molteplicità di elementi logici e riscontri oggettivi, ma soprattutto non è dotata di adeguata plausibilità razionale”. Argomenti simili erano stati utilizzati dai due collegi di difesa in occasione dell’udienza di febbraio, quando Fiti e Ruszo vennero condannati.
A queste si aggiungono altre motivazioni a giustificare le due richieste di appello. L’avvocato Micai sostiene la nullità degli atti fin qui prodotti dal processo contro Patrik Ruszo dal momento che al suo assistito, “mostratosi fin da subito collaborativo”, non sarebbe stato fornito un interprete e l’adeguato accesso agli atti processuali che lo riguardavano. A questo si aggiungerebbe l’incapacità di intendere e volere di Ruszo, definito “soggetto tossicodipendente e alcolista”. La cartella clinica di Ruszo, sarebbe arrivata all’avvocato Micai solo alla fine del dibattimento e potrebbe aiutare a “comprendere se Ruszo Patrik partecipi coscientemente al processo e abbia partecipato coscientemente al processo e abbia fatto dichiarazioni autoaccusatorie nella consapevolezza di ciò che faceva e che fa”.
Nella richiesta presentata dall’avvocato Bova, che assiste Constantin Fiti, si legge invece di una pena “da ritenersi errata stante la macroscopica iniquità e sproporzionalità rispetto alla sanzione irrogata”. Una pena, quella comminata ai due, che non può essere paragonata a quella inflitta a Pajdek, definito dall’avvocato Bova “cinquantenne pluripregiudicato”. “Si è arrivati al paradosso – si legge nel documento – che al soggetto cinquantenne pluripregiudicato e che ha costituito nell’unanime visione dei Giudici di primo grado l’organizzatore e il capo della banda criminale sia stato ritenuto meritevole di non soggiacere all’inasprimento della pena”.
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