Cronaca
20 Giugno 2017
Per l'avvocato Bova la pena, quella comminata ai due non può essere paragonata a quella inflitta a Pajdek

Omicidio Tartari, “ergastolo ingiusto per Ruszo e Fiti”

processo omicidio tartari
di Redazione | 3 min

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processo omicidio tartariNuovo capitolo nella vicenda giudiziaria legata all’omicidio Tartari. Gli avvocati difensori di Patrik Ruszo e Constantin Fiti hanno presentato le richieste di appello per i propri assistiti. Qualora venissero accolte toccherebbe alla Corte d’Appello di Bologna pronunciarsi nel merito.

Era il 17 febbraio quando Ruszo e Fiti vennero condannati entrambi all’ergastolo con isolamento diurno per un anno, per l’omicidio di Pierluigi Tartari, avvenuto nel settembre 2015, dopo una rapina finita male nella casa sua casa di Aguscello. Il corpo della vittima venne ritrovato 17 giorni dopo il fatto nelle campagne ferraresi che si trovano dietro il carcere dell’Arginone, in zona via Pelosa.

Nelle motivazioni delle due richieste d’appello si trovano alcuni elementi in comune. Sia l’atto redatto dall’avvocato Alberto Bova, difensore di Fiti, che quello presentato dall’avvocato Patrizia Micai, che cura la difesa di Ruszo, convergono sull’inattendibilità della testimonianza resa da Ivan Pajdek e sulla ricostruzione di quanto avvenuto negli istanti immediatamente precedenti la morte di Tartari. Scrive l’avvocato Micai: “La sentenza che si impugna in realtà è un racconto […] per molti versi sguarnito di motivazione logica e di riscontri esterni alle dichiarazioni prese per vere del coimputato Pajdek”. Cui fa eco l’avvocato Bova:”[…] una siffatta ricostruzione storica, oltre a non trovare conferma nella più equilibrata lettura dei dati tanatologici e di rinvenimento della salma, risulta in contrasto con una molteplicità di elementi logici e riscontri oggettivi, ma soprattutto non è dotata di adeguata plausibilità razionale”. Argomenti simili erano stati utilizzati dai due collegi di difesa in occasione dell’udienza di febbraio, quando Fiti e Ruszo vennero condannati.

A queste si aggiungono altre motivazioni a giustificare le due richieste di appello. L’avvocato Micai sostiene la nullità degli atti fin qui prodotti dal processo contro Patrik Ruszo dal momento che al suo assistito, “mostratosi fin da subito collaborativo”, non sarebbe stato fornito un interprete e l’adeguato accesso agli atti processuali che lo riguardavano. A questo si aggiungerebbe l’incapacità di intendere e volere di Ruszo, definito “soggetto tossicodipendente e alcolista”. La cartella clinica di Ruszo, sarebbe arrivata all’avvocato Micai solo alla fine del dibattimento e potrebbe aiutare a “comprendere se Ruszo Patrik partecipi coscientemente al processo e abbia partecipato coscientemente al processo e abbia fatto dichiarazioni autoaccusatorie nella consapevolezza di ciò che faceva e che fa”.

Nella richiesta presentata dall’avvocato Bova, che assiste Constantin Fiti, si legge invece di una pena “da ritenersi errata stante la macroscopica iniquità e sproporzionalità rispetto alla sanzione irrogata”. Una pena, quella comminata ai due, che non può essere paragonata a quella inflitta a Pajdek, definito dall’avvocato Bova “cinquantenne pluripregiudicato”. “Si è arrivati al paradosso – si legge nel documento – che al soggetto cinquantenne pluripregiudicato e che ha costituito nell’unanime visione dei Giudici di primo grado l’organizzatore e il capo della banda criminale sia stato ritenuto meritevole di non soggiacere all’inasprimento della pena”.

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