Terre del Reno
9 Giugno 2017
Quarantasette capi d'imputazione, nove persone alla sbarra con l'accusa di aver ingannato l'erario con operazioni fittizie e fatture false

Crac Manifatture Bonzagni, i tanti giri di una maxi frode fiscale

di Daniele Oppo | 4 min

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(archivio)

Sant’Agostino. Quarantasette capi d’imputazione, nove persone a processo con l’accusa di aver frodato il fisco nell’ambito del crac della Manifatture Bonzagni di Dosso con operazioni illecite compiute tra 2009 e 2013. Difficile fare un calcolo di quanto sia stato frodato al fisco ma, a spanne, si tratta sicuramente di diverse centinaia di migliaia di euro

Alla sbarra ci sono proprio Giancarlo e Raffaele Bonzagni, rispettivamente ex presidente del Cda e amministratore delegato dell’azienda di Dosso (difesi dagli avvocati Giovanni Orlandi e Massimo Bissi e Alberto Bova). Con loro anche altri legali rappresentanti di aziende coinvolte – secondo l’accusa – in un grande giro di operazioni fittizie e false fatture per ingannare il fisco: Giuseppe Giove (avvocato Massimiliano Sitta), Stefano Caniati (avvocato Beatrice Capri), Fulvia Gobbi (avvocato Giacomo Forlani), Stefano Bertazza (avvocato Alessandro Gabellone), Giuseppe Tomaiuolo (avvocato Daniele Borgia), Stefano Anselmi (avvocato Enrico Zambardi) e Massimo Caleffi (avvocato Francesco Trapella).

Giovedì mattina si è aperto il processo, che però ha subito già uno stop in quanto la difesa di Giancarlo Bonzagni ha chiesto che venga valutata una perizia sulla capacità di stare in giudizio del suo assistito (che ha problemi di salute). Il giudice Vartan Giacomelli ha acconsentito di usare la perizia che verrà effettuata per il procedimento in corso per la bancarotta.

Districarsi tra le accuse (pm Isabella Cavallari) non è affatto semplice. In generale gli imputati sono accusati a vario titolo di aver iscritto nei libri contabili delle rispettive società fatture false per operazioni fittizie dirette da un lato ad azzerare quanto dovuto al fisco, dall’altro (ma collegato) a creare un credito con l’erario in modo da evadere Iva e imposte, dall’altro ancora a incamerare Iva senza versarla all’erario. In questo modo sarebbero anche state sottratte risorse al fallimento della Manifatture Bonzagni che, infatti, si è costituito parte civile per il tramite dell’avvocato Marco Linguerri.

I due Bonzagni, in qualità di amministratori della Manifatture, avrebbero utilizzato false fatture al fine di usufruire indebitamente di alcune agevolazioni fiscali, con un evasione iva di oltre 230mila euro: su elementi attivi dichiarati per 12,5 milioni di euro, ne sono stati omessi oltre un milione per l’annualità 2011. Il solo Raffaele Bonzagni è poi accusato di aver compiuto varie operazioni, effettuate tramite altre società nella sua disponibilità, sempre utilizzando la tecnica delle operazioni fittizie e delle false fatture.

Le frodi carosello. Tra le operazioni contestate quelle più importanti e complesse sono però dieci casi di cosiddette “frodi carosello”: una società (ce ne sono almeno due o tre coinvolte) emette una fattura per la cessione di materiale ad altre società con sede in Slovenia (la Aos Doo, amministrata da Caniati) o in Ungheria (la Apl Hu Kft, amministrata da Bertazza) a seconda dei casi, senza esposizione Iva trattandosi di operazione definita “intracomunitaria”. La società acquirente cede a sua volta con fattura quel materiale a un’altra società italiana (che in molti casi sono la Omega Srl e la Global Solutions, il cui amministratore ‘di fatto’ viene individuato dall’accusa in Raffaele Bonzagni e in alcune operazioni anche in Bertazza per la prima società, mentre gli amministratori di diritto, probabilmente prestanome, sarebbero Gobbi e Tomaiuolo), di nuovo senza esposizione Iva, trattandosi ancora una volta di operazione intracomunitaria. Infine, l’ultima società cede con propria fattura quel materiale a una quarta azienda. Solo che la merce non oltrepassa mai i confini nazionali, né vi fa ovviamente ritorno: passa direttamente dal primo all’ultimo acquirente della catena. In questo modo però la penultima società coinvolta (che nella maggior parte dei casi è la Omega) incamera l’Iva e la tiene nelle proprie casse anziché versarla al fisco.

In due casi è coinvolta anche la Manifatture Bonzagni che si inserisce in un ulteriore passaggio intermedio: nel primo – sempre secondo il capo d’imputazione – in modo da generare un credito Iva (mentre un’altra società, la Ferplast, la riscuote da successive vendite); nel secondo al fine di non esporre l’Iva (e di riscuoterla per la Ferplast)

Altre contestazioni riguardano le operazioni effettuate da Raffaele Bonzagni per il tramite della ditta individuale Mbaye Ndede – che figurerebbe così solo da prestanome – per far evadere le imposte alla Global Solutions Srl e altre due società sempre tramite giri di fatture.

L’altro imputato Anselmi è accusato per aver emesso false fatture in qualità di amministratore unico della Infofashion Company Srl, nei confronti della ‘solita’ Global Solutions e di altre società. Stessa accusa per Caleffi, amministratore della Ital Group (che avrebbe emesso documenti per operazioni fittizie anche nei confronti della Manifatture Bonazagni) e per Giuseppe Giove (amministratore di diritto della New Dream e della Decip, mentre Raffaele Bonzagni sarebbe stato quello di fatto).

Si ritorna in aula il 17 luglio, ma solo per valutare la capacità di stare in giudizio di Giancarlo Bonzagni (nel qual caso il pm ha già preannunciato che chiederà lo stralcio della sua posizione), poi si riprenderà il 18 settembre con l’avvio effettivo della fase istruttoria.

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