Recensioni
23 Maggio 2017

Studenti a teatro per la tregua di Natale

di Redazione | 4 min

«Non gl’immobili fantocci del Presepio; e nemmeno ombre in movimento. Non sono Teatro le pellicole fotografiche che, elaborate una volta per sempre fuor dalla vista del pubblico, e definitivamente affidate a una macchina come quella del Cinema, potranno esser proiettate sopra uno schermo, tutte le volte che si vorrà, sempre identiche, inalterabili e insensibili alla presenza di chi le vedrà. Il Teatro vuole l’attore vivo, e che parla e che agisce scaldandosi al fiato del pubblico; vuole lo spettacolo senza la quarta parete, che ogni volta rinasce, rivive o rimuore fortificato dal consenso, o combattuto dalla ostilità, degli uditori partecipi, e in qualche modo collaboratori».

È Silvio D’Amico a proporre una definizione così universalmente accettata alla domanda: “Che cos’è il Teatro?”. La risposta è semplice: sinonimo d’improvvisazione, dove più evidenti saranno i sentimenti degli attori, più la rappresentazione risulterà convincente. Il pathos, quello scrigno di Pandora che spesso viene gelosamente tenuto serrato, andrebbe lasciato libero di mostrarsi. Qualsiasi emozione può rivelarsi indispensabile per una perfetta immedesimazione, ed è proprio per questo che nel vastissimo termine “Teatro” si ritrova anche la parola “Giovani.”

La scuola attoriale C.P.A dell’Anno Master è la prova tangibile che un gruppo di otto ragazzi è in grado di reinterpretare e attualizzare un tema spinoso come la Prima Guerra Mondiale. La loro esibizione, intitolata La tregua di Natale, sarà ospitata dal Teatro Verdi di Porotto, 900 di Tresigallo e dalla Sala Estense di Ferrara in date 11/04, 27/05 e 23/05.

La scelta, che presenta argomenti piuttosto vasti e a volte stereotipati, risulta evocativa, in quanto fa riferimento a un fatto realmente accaduto nel 1914, che coinvolse inglesi e tedeschi. Già dalla settimana antecedente la festività cominciò a diffondersi un fenomeno non riconosciuto dalle autorità: lo scambio di auguri, canzoni e regali sia fra i soldati della propria trincea che del fronte opposto.

Lo sceneggiatore e regista Massimo Manucelli, deciso a prendere per mano il gruppo e trasportarlo indietro nel tempo, è riuscito nell’intento di far trasparire amore, amicizia e fratellanza come fulcri centrali dell’intera vicenda. Neanche per un attimo, infatti, si è sopraffatti dall’orrore di quegli anni, anzi, si tende a guardarli con occhi inteneriti, quasi lucidi. Il sipario si alza e sono Valentina Sisini, nei panni di una madre sposata, Beatrice Lotti e Maria Vittoria Borghetti, le figlie, ad aprire la prima scena, ambientata nel lontano inverno 2003.

La storia racconta di come, in una serata travolta dalla tempesta, le tre si siano riunite per celebrare il 25 dicembre nella catapecchia della nonna da poco defunta, in attesa che il padre rincasi. L’attenzione dello spettatore viene focalizzata sulla lettera lasciata dalla bisnonna Irene, interpretata da Camilla Gamberoni, un tramite fra gli accaduti passati e quelli attuali. Essa illustrerà gli amori passionali della donna prima del marito Hans (Pietro Bovi), incentrandosi soprattutto su un certo Marco (Nicolò Ferrara), divenuto amico del bisnonno durante la cessazione delle armi. All’interno della busta, sigillata per la nipote, vi è pure la dichiarazione dello stesso Marco, una testimonianza della pace fra l’austriaco e i soldati capeggiati dal Generale emiliano, recitato da Fabio Baroni. Sotto un cielo pieno di stelle, a causa del fratello minore Giovacchino (Samuele Fabbri) e una mina vagante, Marco si vede costretto a sacrificarsi, celebrando così la potenza della solidarietà.

Durante lo spettacolo, la tensione verrà spezzata dalla comparsa della cantante Mimì, impersonata da Marta Mantovani, che illustrerà i giorni precedenti alla battaglia. Il momento di resa, da parte dei due schieramenti, è forse il più significativo; l’accettazione degli altri corrisponde alla maturazione mentale ed emotiva della gente stanca di scontrarsi, di sanguinare. Il messaggio che questa compagnia promuove è consistente, solido, avvincente: la veridicità storica e l’innovazione risultano un mix pressoché ottimale per donare, com’è giusto che sia, un insegnamento al pubblico. Il lavoro e l’impegno svolti da questa squadra di talenti sono da considerarsi una fortuna da sfruttare. Proposto alle scuole e aperto a chiunque, La tregua di Natale è un buon metodo per imparare che, anche nei periodi brutali della vita, l’uomo può aggrapparsi alla positività di una prospettiva migliore; chi è diverso da noi non è necessariamente un nemico da distruggere.

Francesca Bandiera, studentessa di 16 anni del liceo linguistico Ariosto

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