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22 Maggio 2017
La manifattura Ginori e il suo popolo di statue

La fabbrica della bellezza

di Redazione | 5 min

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di Maria Paola Forlani

La porcellana è un materiale al quale piace cedere,
e unire pezzi diversi serve solo ad aggravare il problema,
poiché ogni giuntura è intrinsecamente più debole…
Qualsiasi vasaio lo sa, ma realizzare qualcosa di enorme con la porcellana
sembra esercitare un’attrattiva costante nel tempo.
Edmund de Waal, La strada bianca. Storia di una passione.

Il Museo Nazionale del Bargello ha aperto una mostra fino al 1 ottobre 2017 sulle statue di porcellana prodotte a Doccia, e sulle sue fonti dal titolo La fabbrica della bellezza. La manifattura Ginori e il suo popolo di statue a cura di Tomaso Montanari e Dimitrios Zikos (catalogo Mandragora).

Fondata nel 1737 dal marchese Carlo Ginori a Doccia, nei pressi di Firenze, la manifattura di porcellana di Sesto Fiorentino – divenuta nel 1896 Richard Ginori – è la più antica in Italia e tuttora funzionante. Il marchese Ginori raccolse sistematicamente le forme presenti nelle botteghe appartenute agli scultori del tardo Rinascimento e del Barocco, servendosene per creare la sua grande scultura in porcellana. Contemporaneamente egli acquistava modelli dagli ateliers degli scultori fiorentini del tempo, o commissionava repliche dalle più celebri statue antiche. Grazie ad una raffinata perizia nelle fornaci di Doccia furono realizzate monumentali figure di porcellana: sculture eccezionali per tecnica e dimensione.

La collezione di modelli, ampliata dagli eredi di Carlo, è divisa tra la Manifattura Richerd Ginori e il Museo adiacente alla fabbrica, purtroppo chiuso dal maggio 2014. Quest’ insieme di modelli e di porcellane, conservate nel museo, costituisce un nucleo di fondamentale importanza per la storia della scultura. La mostra è stata concepita per tenere viva l’attenzione su questo eccezionale patrimonio ed ha trovato la sua sede ideale al Bargello, primo museo nazionale del Regno di Italia, e il più importante al mondo per le collezioni di scultura italiana. Un lungo percorso di indagini storico-artistiche, di intense discussioni scientifiche e culturali iniziate oltre un anno fa ha portato ad un’esposizione ed a un catalogo corali. Attraverso nuove ricerche, incentrate su singoli casi studio, le porcellane dialogano con opere del Bargello e con sculture concesse in prestito da istituzioni nazionali, straniere e da privati – alcune esposte in Italia per la prima volta. Il percorso espositivo è articolato in sei sezioni tematiche, in cui si ripercorre la trasformazione di una invenzione scultorea in porcellana.

La prima sezione si apre con la settecentesca Venere de’ Medici, conservata nella Tribuna degli Uffizi. La statua bronzea fu compiuta da Massimiliano Soldani Benzi nel 1702, su commissione del principe Johann Adam Andreas I di Liechtenstein, ed è tuttora nella collezione dell’attuale principe ed è rientrata in Italia per la prima volta, dopo oltre trecento cinquant’anni. Essa è affiancata alla grande Venere in porcellana realizzata da Gasparre Bruschi tra il 1747 e il 1748, utilizzando probabilmente le forme in gesso provenienti dalla bottega del Soldani Benzi e acquistate da Carlo Ginori. Alle due veneri si affianca il Mercurio, anch’esso traduzione monumentale in porcellana dall’antico della statua di analogo soggetto, conservata nella Tribuna.
Il Mercurio, oggi in collezione Ginori Lisci, si riunisce per la prima volta in occasione della mostra, alla Venere e al monumentale Camino, con i quali era esposto nella antica sede del Museo di Doccia fino al 1962.

Segue la sezione dedicata allo straordinario Tempietto Ginori, uno dei capolavori di Gasparo Bruschi donato a Carlo Ginori all’Accademia Etrusca di Cortona.

Il Tempietto, sofisticatissimo per tecnica e ingegno e unico per dimensioni, declina non solo le ambizioni artistiche, ma anche quelle politiche del fondatore della Manifattura. Ad esso sono affiancati il bronzetto e la cera del Mercurio di Giambologna, rispettivamente nella collezione del Bargello e in quello del Museo Ginori, che ispirarono il Mercurio che corona il Tempietto di Gaspare Bruschi.

Nella sala successiva sono esposte le due grandi e complesse Pietà in bronzo e in porcellana. Nel 1708 il Soldani realizzò il modello del grande Compianto sul Cristo morto di cui si conoscono molteplici versioni. Carlo Ginori ne acquistò le forme in gesso – alcune sono esposte in mostra – che vennero impiegate per la versione in porcellana, cotte separatamente e poi assemblate dai maestri della Manifattura di Sesto Fiorentino.

Di dimensioni più ridotte, ma ugualmente raffinati nell’esecuzioni, sono i due gruppi della Giuditta con la testa di Oloferne, che costituiscono il quarto nucleo tematico. La versione in porcellana di Giuseppe Bruschi, è presentata in un inedito confronto con la terracotta di Agostino Cornacchini, primo studio scultoreo di questo fortunato gruppo.

Seguono il prezioso rilievo bronzeo “ad uso quadrato” del Soldani raffigurante il Transito di San Giuseppe e la cera derivata dal bronzo, dalle collezioni del Bargello, esposti insieme con lo studio preparatorio in terracruda, anch’esso per la prima volta in Italia, a testimoniare l’ambizione della Manifattura Ginori di realizzarne versioni in porcellana che però non si sono conservate.

Il “gran finale” della mostra è rappresentato dal Camino monumentale in porcellana, opera singolarissima nel suo genere, da attribuire a Gasparo Bruschi, capo modellatore a Doccia, e al quadraturista e scenografo Domenico Stagi.

Ѐ un trionfo di perizia tecnica e di ricercatezza ornamentale. Nella parte superiore sono affiancate le traduzioni in porcellana di opere di scultori illustri: il bassorilievo ovale con “putti che stillano i fiori”, tratto da un bronzo di Massimiliano Soldani Benzi, e le riduzioni dell’ Aurora e del Crepuscolo scolpite da Michelangelo per la tomba di Lorenzo de’ Medici nelle Cappelle Medicee.
Nel 1741 escono i Ragionamenti istorici dei gran duchi di Toscana della real casa de’ Medici protettori delle lettere, e delle belle arti in cui Giuseppe Bianchini esalta «l’antico retaggio» di «protettori delle lettere e delle belle arti» grazie al quale «non che l’Italia, l’Europa tutta altresì è divenuta più culta e più dotta». Un elogio, che applica ai Medici (con quanta lungimiranza!) ciò che Voltaire scriverà, poco più tardi, a proposito del governo papale: I particolari e i congegni della politica cadono nell’oblio: le buone leggi, le istituzioni, i monumenti prodotti dalle scienze e dalle arti sempre sussistono. La folla degli stranieri che oggi visitano Roma non come pellegrini, ma in quanto uomini di gusto, s’informano poco di Gregorio VII e di Bonifacio VIII; essi ammirano i templi innanzi a Bramante e da Michelangelo, i quadri di Raffaello, le sculture di Bernini: se poi hanno un vivace ingegno leggono l’Ariosto e il Tasso, e onorano le ceneri di Galileo.

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