Tra le 68 unità immobiliari confiscate dalla Guardia di Finanza al clan camorristico Mallardo ce ne sono anche alcune situate nella provincia di Ferrara, a Cento precisamente.
L’ultima parte dell’operazione “Bad Brothers” è andata in porto questa mattina e ha colpito i beni dei fratelli Domenico e Giovanni Dell’Aquila, in strettissimi rapporti con il clan, del figlio di Giovanni – Vittorio Emanuele – e del suo fiduciario Salvatore Cicatelli (che operava economicamente nel basso Lazio). La Gdf ha sequestrato beni immobili, mobili ed azione per un valore complessivo di oltre 38 milioni di euro. Tra questi ci sono 17 unità immobiliari – tra magazzini, terreni e unità abitative – detenuti a Cento per il tramite di alcune società.
La confisca è arrivata su disposizione dalla Corte di Appello di Roma – quarta sezione penale – e costituisce l’ultimo capitolo, salvo ricorsi in Cassazione (in alcuni casi già proposti) di un percorso giudiziario che ha visto il tribunale di Latina disporre, nel giugno 2013, il sequestro di prevenzione e, nel giugno 2014, la confisca di primo grado, sui medesimi beni, ritenendo fondato il quadro accusatorio formulato dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, sulla base delle evidenze investigative fornite dal Gico (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) del Nucleo Pt di Roma.
Le complesse indagini di polizia economico-finanziaria, avviate nel 2012, hanno consentito di accertare la costante ed inarrestabile ascesa, nella provincia di Latina, in quella di di Napoli e in parte in Emilia Romagna, dei fratelli Dell’Aquila, noti imprenditori campani, attraverso rapporti dai reciproci vantaggi con esponenti di spicco del noto clan di camorra Mallardo.
In particolare, la feroce operatività criminale del clan è stata nel tempo orientata, oltre che al finanziamento del traffico di sostanze stupefacenti, prevalentemente al controllo – realizzato con la partecipazione finanziaria o con la riscossione di quote estorsive – delle attività economiche di rilievo (attività edilizia, appalti pubblici, forniture pubbliche, commercio all’ingrosso).
In tal senso, emblematica è la definizione accademica del’“impresa camorrista”, resa da un noto pentito di camorra rispetto al modo di fare impresa del clan Mallardo: non impone il pizzo estorsivo, ma gli esponenti di rilievo di tale organizzazione camorristica entrano “di fatto” in società con gli imprenditori, di modo che questi ultimi diano una parvenza di liceità all’attività economica, mentre i camorristi partecipano direttamente ai guadagni, riuscendo, contestualmente, a reimpiegare i proventi derivanti da altre attività delittuose.
I beni sotto confisca riguardano il patrimonio aziendale e relativi beni di 11 società con sede nelle province di Latina, Napoli, Caserta e Bolgona, di cui tre operanti nel settore della costruzione di edifici, una nel commercio di porcellana, due di autoveicoli, due nel settore dell’intermediazione immobiliare e tre nel settore alberghiero e della ristorazione. Sono state confiscate inoltre quote societarie di altre due società con sede nelle province di Napoli e Bologna, operanti nell’edilizia. Arrivano poi le unità immobiliari, sequestrate nelle province di Latina, Napoli, Caserta, Bologna e, come anticipato, Ferrara. Sotto chiave anche 19 veicoli tra auto e moto e 15 rapporti bancari, postali, assicurativi e azionari.
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