Cronaca
29 Aprile 2017
L'ex camorrista ha presentato il libro alla Feltrinelli, ma ancora una volta non ha dato riscontri alle sue dichiarazioni: "Quando sarà il momento porterò le prove"

Rifiuti. Perrella: “Se i magistrati mi chiamano sono disponibile”

di Daniele Oppo | 3 min

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Nunzio Perrella

Non indietreggia, non ritratta, ma neppure offre nuovi spunti di verifica rispetto alle sue dichiarazioni. Nunzio Perrella era venerdì sera a Ferrara alla libreria Feltrinelli per presentare il libro sui rifiuti in Italia, scritto con Paolo Coltro, “Oltre Gomorra”.

Rispetto a quanto scritto nel libro e a quanto affermato nella trasmissione Nemo Perrella aggiunge qualcosa, lancia delle sfide, ma non dettaglia, non circostanzia, a volte perfino si contraddice quando parla della sua volontà di collaborare ancora.

“A Ferrara e provincia ci sono venticinque punti”, racconta ai taccuini in uno stanzino della libreria dove si  è preparato, nascondendo il volto con una cuffia, occhiali scuri e una sciarpa tirata fin sotto il naso, prima che inizia la presentazione moderata da Nicola Bianchi del ‘Carlino’. “Non ho mai parlato con gli inquirenti ferraresi, con loro sono in contrasto da 30 anni”, afferma prima di divagare, prendendosela con Vittorio Sgarbi, reo di avergli dato della persona non credibile al tempo del pentimento nel 1993. Dice che “chi comandava a Ferrara era a Bologna, un privato proprietario dei terreni”, quali terreni sui 25 punti accennati non è dato sapere con precisione. Ribadisce che qui arrivavano i rifiuti del nord Italia alla fine degli anni Ottanta “ma anche prima”.

Poi lancia un guanto di sfida – infastidito dagli amministratori comunali di Ferrara e Vigarano che se la sono presa con lui per le sue dichiarazioni (con Vigarano che lo considera persona non gradita) -, dice che “Ferrara è piena di rifiuti della Lombardia e della Toscana”, a Vigarano (e c’era il consigliere Antonio Raho ad ascoltarlo e palesargli tutto il suo scetticismo in un intrvento) sono arrivati “i rifiuti della cartiere di Lucca negli anni 87-88-89”. “Hanno sempre fatto le analisi e dimostrato che tutto va bene – si indigna -, andiamo a fare le analisi dove dico e poi vediamo. Quali interessi ho io oggi a dire certe cose? – chiede -. Il popolo è convinto che la camorra abbia fatto tutto da sola ma non è vero, la camorra ha fatto il suo”.

Ma le prove? “Quando sarà il momento – afferma – porterò tutte le prove. Se la magistratura mi vuole io sono disponibile”, afferma poco prima di dire che “nello Stato ci sono i mostri” e che “la camorra è stata la manovalanza della politica” e, infine, che “la magistratura applica le leggi scritte dalla politica”. E che per lui il problema risieda proprio nella politica lo dimostrano anche le parole durissime che lancia, cercando di difendere almeno parzialmente una sorta di buona fede della camorra che “non sapeva che i rifiuti avrebbero portato le malattie, i tumori. Se la camorra lo avesse saputo non avrebbe permesso agli imprenditori di arricchirsi così, gli avrebbe tagliato la testa. È colpa della politica”.

Nunzio Perrella e Paolo Coltro

Da sinistra: Nunzio Perrella e Paolo Coltro

E se Bianchi fa fatica a limitarlo e invano gli chiede più volte di essere più specifico, è Paolo Coltro con i suoi interventi a mettere un perimetro al senso del libro, diverso dalla denuncia pura e semplice, attendibile o meno: “Il libro non è solo sui rifiuti, è sul perché è successa la mancata lotta ai traffici illeciti. Un po’ di ragioni ci sono, ma tutti i vari segmenti dello Stato in qualche modo non hanno funzionato, fino ad arrivare al Parlamento che ha ci ha messo 18 anni per una legge sull’ambiente. Il sistema Stato – prosegue – non ha funzionato bene. La magistratura è stata lenta, sono mancati gli strumenti certo, le norme penali che difendessero l’ambiente, ma tanti si sono salvati per la prescrizione”.

Coltro prova anche a spiegare la figura di Perrella, “dopo il pentimento è stato ai domiciliari e in carcere, fuori da tutti i giri per 25 anni e vedeva tutti quelli che aveva denunciato che continuavano a lavorare. Nasce da qui la sua voglia di denunciare di nuovo”.

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