Attualità
29 Aprile 2017
La ricercatrice specializzata in storia degli anni settanta e dello stragismo ha partecipato all'iniziativa “Educare alla legalità"

La strage di Bologna spiegata da Cinzia Venturoli alla Boiardo

di Redazione | 2 min

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Cinzia Venturoli

Tre persone in una stazione, quella di Bologna, e una valigetta con 25 kg di tritolo che viene fatta scoppiare. Non è la scena di un film, ma un fatto, tragico, che il 2 agosto 1980, ha sconvolto una città, facendo morire 85 persone, ferendone 200 e arrecando danni psicologici ai sopravvissuti che ancor oggi ne pagano le conseguenze a distanza di quasi 40 anni.

Questo è lo scenario che questa mattina, venerdì 28 aprile, alla Scuola Secondaria Boiardo ha presentato Cinzia Venturoli, ricercatrice universitaria specializzata in storia degli anni settanta e dello stragismo, responsabile inoltre, della sezione didattica della Rete degli archivi “Per non dimenticare”.

L’iniziativa “educare alla legalità: la legalità negata”, promossa dalla docente Clara Andreasi,  è stata realizzata nell’ambito del progetto regionale “ConCittadini 2017”, per tutte le classi terze della scuola che hanno seguito le testimonianze di sopravvissuti che si sono succedute intercalando il racconto dei fatti e delle riflessioni condotte da Cinzia Venturoli.

Nella preparazione delle classi all’iniziativa si è sottolineato l’aspetto di “legalità negata” perché come hanno riportato i ragazzi “le menti dell’attentato sono ancora sconosciute. Le persone legate alle vittime non sanno nemmeno chi ha ordinato quell’atto di terrore”.

I racconti dei sopravvissuti sono riusciti a generare un coinvolgimento che probabilmente ha fatto capire la differenza fra il dolore vero, cioè quello prodotto da una realtà per molti versi incomprensibile, ma reale e vissuta in prima persona, e quella rappresentata dai mezzi di comunicazione. La presenza dei testimoni diretti della strage ha certamente fatto la differenza nella descrizione di quanto è successo. La narrazione non era solo cronaca, elenchi di danni materiali e morali, ma emozione di vite spezzate e condannate a subire per decenni le conseguenze di quella tragedia. Un dolore appena mitigato dalla possibilità di raccontarlo. Per non dimenticare, affinché non abbia più a ripetersi nulla di simile.

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