Cento
24 Aprile 2017
"Il Piano Condor in America Latina voleva mantenere uno stato di paura, di repressione, di terrore"

A Cento la testimonianza della figlia del ‘desaparecidos’ Omar Venturelli

di Redazione | 3 min

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di Serena Vezzani

Cento. Giustizia per i desaparecidos in America latina e la sentenza, storica, della corte d’Assise del 17 gennaio scorso: questi i temi della serata di approfondimento promossa dal Gruppo consiliare e dal Pd centese di ieri, in sala Zarri, alla presenza, tra gli altri, dell’avvocato Andrea Speranzoni, difensore di parte civile dei familiari delle vittime, e di Maria Paz Venturelli, figlia di Omar Venturelli, cittadino italiano di origine modenese e militante del Mir cileno a Temuco.

Una sentenza, quella della corte d’Assise, che arriva dopo 70 udienze dipartimentali, iniziate nel 2014, nove anni d’indagini, 140 indiziati, e che consegna alla giustizia, condannandoli all’ergastolo, otto imputati – pur assolvendone 19 – : Luis Garcia Meza Tejada, Luis Arce Gomex, Juan Carlos Blanco, Hernan Jeronimo Ramirez, Francisco Morales Cerruti Bermudez, Valderama Ahumada, Pedro Richter Prada e German Ruiz Figeroa. E che è la seconda, dopo la Suprema corte argentina, ad ammettere giuridicamente il Piano Condor in America Latina e, soprattutto, a definirlo un “sistema sistematico, transnazionale e criminale che ha esercitato, tra il 1973 e il 1986, una pesante azione repressiva messa in atto dall’intelligence delle dittature militari, con torture, arresti, sequestri e omicidi ai danni di oppositori dei regimi: militanti cattolici, uomini di sinistra, socialisti, membri di determinate categorie sociali”.

Un vero e proprio “Stato d’eccezione” che, dopo una prima ondata repressiva con omicidi alla luce del sole, è sfociato in una pianificazione sistematica con centri di detenzione e torture vere e proprie: il tutto sotto l’egida di “un’apparente legalità”.

A regalare una commossa testimonianza di ciò che ha vissuto il padre, Maria Venturelli: dirigente del Mir, originario di Modena ma residente a Capitan Pastàna, a sud del Cile, dopo un’intensa attività come sacerdote Omar Venturelli era diventato professore all’Università cattolica di  Temuco, in seguito alla sospensione ricevuta dal vescovo per aver guidato i mapuches, indigeni cileni, nell’occupazione delle terre regalate ai coloni europei. Il 16 settembre del 1973 si consegnò presso la caserma Tucapel e rimase nel carcere pubblico di Temuco fino al 4 ottobre, data in cui è stato ucciso. “Io e mia mamma – ha raccontato Maria, – ci siamo rifugiate presso l’ambasciata italiana in Cile, poi siamo tornate in Italia: prima a Roma e poi a Palermo, dove due attentati orditi dai gruppi di estrema destra italiani in contatto con le forze cilene ci hanno costrette a trasferirci a Bologna”.

Non ci sono ragioni puramente economiche, secondo Maria, dietro il Piano Condor: “Ciò che hanno fatto va oltre: è un costrutto ideologico che nasce dalla volontà di mantenere uno stato di paura, di repressione, di terrore”. Ma ha sottolineato come “dopo questa sentenza, qualcosa è cambiato: non tutto, ma una buona parte”.  A concordare con lei, l’avvocato Speranzoni: “Questa sentenza non ce la toglie nessuno. Eppure, ci consegna una verità terribile”.

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