Spettacoli
23 Aprile 2017
Il celebre autore e attore veneto fa il tutto esaurito al Teatro Comunale De Micheli di Copparo con il suo nuovo work in progress “Numero Primo”

Paolini papà di un Pinocchio 2.0

di Redazione | 3 min

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Copparo. “Quello di stasera è uno studio, l’ultima scena l’ho scritta oggi e non la so a memoria. La leggerò. Mi scusate?”. Intellettualmente onesto fin da principio, Marco Paolini chiarisce subito al pubblico che giovedì 20 aprile riempie il teatro di Copparo per assistere a “Numero primo. Studio per un nuovo album”, che per quella serata saranno ‘cavie’ di un esperimento di fantascienza a teatro.

Dopo aver prestato il suo corpo a Jack London per raccontare la grande epopea della frontiera e l’incontro-scontro fra uomo e natura in “Ballata di uomini e cani”, Marco Paolini torna al racconto autobiografico degli Album, ma – con l’intelligenza e l’esperienza che lo contraddistinguono – lo fa cambiando e rinnovando la prospettiva: non più un esercizio di memoria, ma il tentativo di immaginare un futuro possibile; non più la formazione di un ragazzo che cresce, ma l’esperienza di diventare genitore.

“Diventerò padre di un figlio non mio, che non ho mai visto, di quattro-cinque anni, nella rete mi ha cercato lei perché le piaceva il mio nome, Ettore, e io mi sono innamorato di una voce”: una paternità sui generis, sancita “con atto notarile”, raggiunta “senza nessun atto sessuale”, “se non altro sono il secondo nella storia dell’umanità a diventare papà così”. “Non sono pronto, ma dicono che i padri non lo sono mai!” E infatti è Numero Primo, così gli piace farsi chiamare, a trovare Ettore sulla giostra delle tazze di una Gardaland del futuro, sotto una pioggia da “Blade Runner”.

Inizia così la convivenza con questo strano “alieno”, nell’appartamento di quella che “tutti si ostinano ancora a chiamare Mestre” anche se per gli architetti è Hinterland, al quarto piano di via Piave, che mormora ancora, ma lo fa in tutte le lingue del mondo, mentre Marghera è diventata una fabbrica di neve artificiale. Marco-Ettore racconta e sullo sfondo scorrono gli schizzi di Roberto Abbiati, si viene come catapultati dentro questo futuro non così lontano, un orizzonte verso il quale, pensandoci bene, non alziamo lo sguardo poi tanto spesso, sul quale forse non ci interroghiamo con attenzione. Eccola l’altra materia di questo esperimento dell’autore e attore veneto: il futuro come eterno aggiornamento del presente e la tecnologia, quanto stia influenzando e stia cambiando questo che Paolini chiama “tempo crisalide” perché “qualcosa è cominciato”, ma non sappiamo e non ci chiediamo a sufficienza “dove stiamo andando”.

Con la maestria e l’ironia a cui il suo pubblico è ormai abituato in “Numero Primo”, Paolini mischia il suo Nord-est con Pinocchio e la letteratura scientifica, propone suggestioni e suscita domande ancora senza risposta. Numero Primo potrebbe essere un nostro nipote, siamo pronti ad accoglierlo? Siamo in grado di capire quale è la prospettiva migliore con cui guardare in modo critico, ma non ostile, il progredire della tecnologia nella nostra vita? Siamo davvero preparati per vivere nel futuro? Lo spettatore non è più cavia, è diventato un membro dell’equipe del laboratorio di Paolini, a lui il compito di informarsi e trovare la propria risposta: ecco perché non c’è un finale, ma un “continua…”.

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