Cronaca
6 Aprile 2017
Riaffermata la sentenza di primo grado per il 'capo' della banda che uccise il pensionato di Aguscello dopo una rapina

Omicidio Tartari. Confermati in appello i trent’anni per Pajdek

di Daniele Oppo | 2 min

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Di nuovo in aula il processo per le presunte mazzette alla Motorizzazione Civile di Ferrara, scoperte dalla maxi-inchiesta Ghost Inspections grazie al lavoro degli uomini della Guardia di Finanza e della Polizia Stradale, dietro il coordinamento del pm Andrea Maggioni, titolare del fascicolo di indagine, che ha chiesto il rinvio a giudizio di 74 persone

A destra, Ivan Pajdek

Anche la corte d’assise d’appello di Bologna ha confermato la condanna a trent’anni di reclusione per Ivan Pajdek, il ‘capo’ della banda che uccise Pier Luigi Tartari nel settembre del 2015.

Confermata in toto dunque la sentenza di primo grado del giudice Piera Tassoni al termine del rito abbreviato, scelta processuale che ha consentito a Pajdek di evitare la condanna all’ergastolo, a differenza di quanto avvenuto invece per i suoi complici: Patrik Ruszo e Constantin Fiti.

“È una conferma giusta: l’efferatezza del fatto, le sofferenze impartite, il modo in cui lo hanno lasciato morire nel casolare richiedono una pena come questa, contando la scelta del rito”, commenta l’avvocato Eugenio Gallerani, che rappresenta Marco e Rita Tartari, i fratelli di Pier Luigi, costituitisi parti civili. E loro, Rita e Marco, come a ogni udienza a Ferrara, anche questa volta erano lì, davanti a uno degli aguzzini del fratello.

Il legale di Pajdek, l’avvocato Daniele Borgia, ha prospettato ai giudici d’appello una tesi difensiva che vorrebbe Tartari deceduto in casa, come fatalità della rapina, e non abbandonato in un tugurio per una tremenda agonia.

Ma i guai con la giustizia per Pajdek non sono affatto finiti: a luglio dovrà tornare in aula a Ferrara per le rapine commesse nell’estate 2015 insieme a Ruszo e a Igor Vaclavic, uccel di bosco oggi ricercato anche per l’omicidio di Budrio.

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