Economia e Lavoro
31 Marzo 2017
I sindacati: “Se non si riaprirà il tavolo delle trattative per la continuità dei contratti integrativi proclameremo lo stato di agitazione”

Carife amara, stipendio ridotto per i dipendenti rimasti

di Redazione | 3 min

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Non è bastata la trattativa di ‘lacrime e sangue’, che a fine anno ha portato a 350 esuberi, a mettere in salvo Carife. Anche i dipendenti rimasti non navigano in acque tranquille, perché allo scadere del 31 marzo, data che si pensava “sufficientemente in là” come puntualizza Nicola Cavallini di Fisac, decadranno i trattamenti economici del contratto integrativo, con conseguente riduzione dello stipendio.

Sono state 700 le lettere di diffida, una per ogni singolo dipendente, inviate dai sindacati che, in assenza di risposta, si preparano a proclamare lo stato di agitazione. Stato che “non abbiamo dichiarato prima – afferma Filippo Mascina di Fabi – in quanto è nostro compito tentare tutti gli interventi possibili al tavolo della trattativa”, procedura sindacale da seguire obbligatoriamente.

I dipendenti che iniziano ad affollare la sala

E il tavolo di trattativa, allo stato attuale delle cose, sembra non esserci, anche perché Carife ribatte con l’epiteto di “dilettanti” l’azione dei sindacati, in merito alla convocazione dell’assemblea del personale a fine mese. A questo, si aggiunge “l’atteggiamento generale dell’azienda – prosegue Cavallini – che ci dà informazioni a spizzichi e bocconi, che ogni tanto fa sembrare che si tratti di una cessione quando invece è negoziazione, che non risponde alle lettere o fa finta di non aver ricevuto”.

Senza la negoziazione di una continuità dei contratti integrativi, a partire dal mese di aprile i trattamenti economici diventeranno quelli del contratto nazionale di lavoro, che vedrebbe scomparire – o modificare profondamente – diversi elementi, come l’indennità di rappresentanza, l’indennità di disagio, il contributo ai figli portatori di handicap (che a seconda del carico fiscale va dai 1033 ai 1550 euro l’anno), la misura dei buoni pasto, che passerebbe al valore di 1,81 euro, e l’indennità di cassa, il cui valore si dimezzerebbe. Resterebbe invece la polizza sanitaria, ma con la nuova compagnia UniSalute , l’attuale compagnia che assicura trattamenti ai dipendenti Bper, con cui l’accordo è in via di perfezionamento.

Una perdita, per le tasche dei dipendenti ‘sopravvissuti’, quantificata dai mille agli 8mila euro annui, a seconda dell’anzianità. Inevitabile, quindi, che i circa 300 dipendenti presenti in assemblea abbiano approvato a totale maggioranza (3 astenuti, ndr) la possibile proclamazione dello stato di agitazione in caso di mancanza di apertura al dialogo da parte dell’azienda. Si respira aria di sciopero in quello che rimane di casa Carife, e i motivi sono riassunti da Antonella Losenno della Uil all’uscita dal cinema Apollo.

“Non è un buon modo per accompagnare la fusione, ci fanno partire con un handicap di carattere negoziale – commenta amareggiata la sindacalista -. Normalmente ci sarebbe un processo di armonizzazione contrattuale, invece ci fanno andare in un’altra realtà spogliati di ogni diritto raggiunto negli anni passati.  Per noi era chiaro, come sottoscritto nell’accordo del 31 dicembre, che alcuni elementi fissi della retribuzione non potevano essere toccati. E loro hanno modificato queste voci, non oggetto di trattativa, con un atto unilaterale di gennaio che decorrerà ad aprile”.

Se i ‘loro’ sono additati in maniera vaga c’è un motivo: “Il nostro tavolo di controparte si nasconde nell’impossibilità di prendere decisioni perché afferma che spetti alla subentrante, allo stesso modo la subentrante dice di non poter intervenire perché spetta alla controparte – nota Losenno -. Ci troviamo di fronte a un interlocutore sfuggente che porta avanti un disegno prestabilito. Anche i colleghi che rimangono dovranno affrontare dei sacrifici, con tutto il peso di uno zainetto di riduzione del reddito consolidato ormai da anni”.

 

 

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