Spettacoli
25 Marzo 2017
Giovedì 23 marzo sul palco del Teatro Comunale una serata-trittico interpretata dalle giovani promesse della scuola di danza scaligera

La danza di domani con la Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala

di Redazione | 2 min

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(foto di Marco Caselli Nirmal)

di Federica Pezzoli

Nata per volere di Napoleone nell’allora capitale del Regno d’Italia, dal 1813 la Scuola di Ballo dell’Accademia Teatro alla Scala sviluppa talenti e sforna professionisti e protagonisti del mondo della danza: Carla Fracci, Luciana Savignano, Roberto Bolle e Massimo Murru, solo per fare alcuni nomi.

Giovedì 23 marzo le sue giovani promesse sono tornate sul palco del Teatro Comunale Claudio Abbado – che avevano già calcato nel 2012 – con un trittico che ha rivelato tutta la loro duttilità e versatilità, due dei principi cardine della formazione dell’istituzione scaligera. Tre coreografie di tre grandi maestri in una sorta di viaggio nella storia e negli stili della danza che i giovani allievi danzatori, tra i sedici e i diciotto anni, hanno reso con freschezza, bellezza e maturità: alcuni estratti dalla Paquita di Marius Petipa con le musiche di Minkus, la frizzante Tarantella di George Balanchine e, infine, “Un ballo” di Kilian su musiche di Maurice Ravel.

Ad aprire le danze è stata “Paquita”, balletto in due atti e tre scene rappresentato per la prima volta a Parigi nel 1846, interpreti principali Lucien Petipa e Carlotta Grisi, la stessa per la quale fu creato il balletto classico per eccellenza: “Giselle”. Anche la prima Giselle della storia della danza è partita dalla Scuola di ballo dell’Accademia alla Scala, dove è entrata a 7 anni e a 10 è diventata parte del corpo di ballo. Per la serata di giovedì a Ferrara il direttore Frédéric Olivieri ha ripreso la rivisitazione di fine Ottocento di Marius Petipa. La seconda performance in programma è stata la Tarantella di George Balanchine, maestro del neoclassicismo novecentesco: creata nel 1964, è stata ripresa per gli allievi scaligeri da Patricia Neary. Entrambi pezzi dal ritmo veloce e frizzante, sono esempi di repertorio di altissima difficoltà tecnica e grande virtuosismo.

A chiudere lo spettacolo, la coreografia “Un ballo” creata nel 1991 da Jiří Kylián sulle partiture di “Tombeau de Couperin” e “Pavane pour une infante défunte” di Maurice Ravel. “Un ballo” è, nelle parole di Kylián, “una danza creata per la musica e niente più. Una danza da leggere come un esercizio di musicalità e sensibilità fra partner maschili e femminili”: il sipario si è aperto su un palcoscenico illuminato a lume di candela e giovani danzatori hanno interpretato tre pas de deux e poi un ensemble. Elegante, eterea e dotata di grande lirismo, questa coreografia dà forma a una vera e propria estetica della forma del movimento.

Una serata con tre esibizioni virtuosistiche per celebrare degnamente l’elevato pregio della formazione dell’istituzione scaligera, perfetta rappresentazione dell’eccellenza coreutica italiana.

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