di Mattia Vallieri
Ha cantato Fabrizio De Andrè, Edoardo Bennato, Lucio Dalla, Francesco Guccini, Stefano Rosso, Loredana Bertè, Francesco De Gregori ed Enzo Jannacci, è andato tra il pubblico a prendere una bandiera dei No salvabanche e se la è legata al collo e infine ha chiamato sul palco una rappresentante dell’associazione che, di fronte ad una vera standing ovation della sala, ha invitato i politici ferraresi alla sveglia sulla questione Carife. È un Gianluigi Paragone a tutto campo quello che si è presentato alla sala Estense, invitato dai Cittadini a 5 Stelle, e che ha portato in scena il suo spettacolo live Gang Bank accompagnato dal gruppo musicale gli Skassakasta.
Non sono mancate stoccate che il giornalista ha rivolto in particolar modo verso il sistema finanziario, la politica, l’Europa unita, i governi Renzi e Gentiloni, i tecnici e gli imprenditori. “Le banche – introduce il conduttore de La gabbia – servono ormai per venire incontro allo Stato che non ha più soldi e il caso delle pensioni concesse tramite finanziamento o le liberalizzazioni ne sono l’esempio. Prima ci si indebitava solo per la casa e l’auto, oggi lo facciamo per tutto e chi ci guadagna sono esclusivamente loro”.
Secondo Paragone questo altro non è che “la teoria della Gang Bank che è tutto un inganno. La logica dell’indebitamento porta a essere ostaggio e poi vi sentirete pure dire che gli speculatori siete voi”, ribatte il conduttore di La7 richiamando l’attenzione sui No salvabanche in prima fila. Un altro attacco il giornalista lo avanza verso “il grande bluff del debito pubblico italiano. Ci sono stati anche degli sprechi ma ha consentito la nostra ricchezza e anche il lavoro ormai diventa funzione del debito”.
È attraverso ritagli di articoli di giornale che prosegue la narrazione di Paragone: “Il debito italiano è in mano per il 39% a speculatori esterni, per il 29% a banche e solo per il 6% a famiglie e risparmiatori – sostiene il giornalista -. Dal 2008 il salvataggio delle banche è costato all’Europa 213 miliardi di euro e fa specie che i vari Prodi, Draghi, Amato, Monti, Gianni Letta, Domenico Siniscalco, Barroso e Grilli hanno fatto parte di Jp Morgan, Goldman Sachs o Deutsche Bank”.
“Siamo arrivati ai tecnici come Monti e la Fornero perché la politica si squalifica da sola e ai cittadini viene data la possibilità di cambiare governi ma non di modificare i processi di riforma che come dice Draghi avanzano con il pilota automatico”, prosegue Paragone, convinto che “le leggi non le si fanno più nel Parlamento ma nelle stanze delle multinazionali, per poi essere portate avanti attraverso le lobby”. Non sono mancate frecciatine anche sul tema occupazione: “L’Italia – chiosa il giornalista – è una Repubblica fondata sul lavoro, dice la Costituzione, ma oggi la situazione dei diritti del lavoratore e del suo salario sono drammatici. Il governo ha cancellato i voucher non perché si fossero resi conto della pessima riforma, ma perché hanno avuto paura di perdere un altro referendum”.
“Quello che ho fatto oggi è il racconto reale di un sistema, Gang Bank, che vogliamo fermare”, conclude Paragone.
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