Spettacoli
27 Marzo 2017
L'attore, al Teatro Nuovo con 'Quei due': "Non è il successo quello che conta, quanto la gratitudine che ti esprime la gente"

Solenghi: “Siamo il fanalino di coda dell’Europa civile”

di Elisa Fornasini | 5 min

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Parliamo innanzitutto dello spettacolo, “Quei due”, dove tu e Massimo Dapporto rappresentate una coppia di fatto, una vera storia d’amore omosessuale un po’ consunta dall’età, con alti e bassi. Come è stato il primo impatto con questo testo?

E’ un testo che conosco da tempo perché sono rari i testi a due personaggi. Ho pensato anni fa di portarlo in scena con Massimo Lopez o Maurizio Micheli ma ricordavo la prima versione originale cupa, triste, che mi ha dissuaso dalla messa in scena. Questa volta Dapporto ha messo del suo nella revisione e nell’adattamento, così le remore sono cadute perché è un’altra cosa, più colorata. Ci sono momenti da ridere e altri più profondi, in cui si prova tenerezza per i due personaggi. Anche io ci ho messo del mio, condendo il tutto con ironia e divertimento. Ne è uscito uno spettacolo che portiamo in giro con successo da due anni in tutta Italia. Ahimè, finirà a Ferrara. Sarà l’ultima rappresentazione poi andrà in soffitta. Dopo due stagioni è un esito naturale.

E com’è il tuo rapporto sulla scena con Dapporto e nella vita?

Abbiamo un rapporto ottimale, con il vantaggio che siamo amici da tempo. C’era già il progetto di lavorare insieme da una ventina d’anni. Ci siamo conosciuti sul lavoro, in radio a Genova, e da lì abbiamo sempre avuto contatti anche con amici comuni come Daniele Silvestri.

La commedia tocca un tema scottante e discusso in Italia. Come giudichi personalmente l’attuale legislazione in merito alle unioni civili? E sulla possibilità per le coppie omosessuali di avere figli?

Va più che bene, ma siamo arrivati tardi, siamo il fanalino di coda dell’Europa civile. Credo che il rispetto per il coniuge e il compagno di vita debba prescindere dal sesso; la discriminazione l’hanno sempre fatta i dittatori o veri criminali, come Stalin o Hitler per citare due esempi eclatanti e crudeli. Per quanto riguarda i figli, sono più per l’affido che per la fecondazione assista che nasconde un aspetto economico di donne che partoriscono dietro compensi. In questo particolare momento storico, con abbondanza di profughi e bimbi rimasti orfani a causa della guerra, non vorrei dei limiti per le adozioni. Le cautele sono dovute, ma ci sono coppie etero meno adatte per adottare un figlio rispetto a quelle omosessuali. Devono decidere gli addetti ai lavori, come gli psicologi, ma sarebbe un segno di democrazia, civiltà e antidiscriminazione.

A Ferrara sei già stato diversi anni fa con il trio Lopez-Solenghi-Marchesini, proprio al Teatro Nuovo. Come succedeva sempre nei vostri spettacoli, anche in quell’occasione avete fatto il tutto esaurito. Insieme voi tre avete scritto un capitolo di storia della comicità italiana: cosa ricordi con maggiore piacere di quel periodo?

Mi ricordo i tutto esaurito a teatro. Ma non si tratta del pubblico che veniva a teatro per vedere da vicino i fenomeni della tv, quanto il divertimento e la gratitudine che il pubblico ci dimostrava con risate e applausi che ci colpiva tutte le volte. L’affetto è il regalo più grande che potessimo avere come trio, davanti a un pubblico ‘reale’ e non virtuale. Perché in tv ti possono seguire migliaia di persone ma è solo a teatro, quando li tocchi con mano, che capisci che il pubblico esiste e ti apprezza davvero.

Purtroppo del trio è venuta a mancare Anna Marchesini dopo lunga malattia. Quale ricordo conservi di lei?

Mi piace ricordarla gioiosa, complice, compagna di giochi, sorella. Per tutti se n’è andata una grande attrice, per noi era un pezzo della nostra vita. Il suo ricordo mi allarga il cuore e la mente.

Con Massimo Lopez invece pensi di poter lavorare a qualche progetto in futuro?

Ci stiamo già lavorando. Quando finisco con Dapporto, cambio Massimo e torno su Lopez. Stiamo pensando a un one-man-show che però, essendo in due, sarà un two-men-show. Sarà una sorta di serata di divertimento con il pubblico. Sul palco ci saranno anche quattro musicisti con cui proporremo momenti di musica, teatro e parodie… un varietà teatrale che attraversa vari generi. Non posso dare ulteriori anticipazioni perché ci stiamo ancora lavorando. Ma l’idea di tornare insieme sullo stesso palco c’è sempre stata e, con la mancanza di Anna, la voglia è aumentata. Lo faremo in suo onore e non mancherà un ricordo della sua persona durante la performance.

Recentemente hai vinto il ‘Tale e quale show’. Un’altra prova attoriale in cui hai dovuto essere un po’ trasformista e un po’ imitatore. Che esperienza è stata per te?

Soprattutto cantante! E’ stata una bella esperienza, non mi facevo così bravo a cantare come mi hanno detto tutti. Una scoperta di una sfaccettatura della mia personalità artistica e, perché no, del mio talento. Una bella scoperta per me e spero anche per il pubblico. Le puntate che mi sono rimaste più nel cuore sono quelle dove mi sono esibito in veste solista in ricordo di Enzo Iannaci e in coppia con Massimo Lopez per rappresentare Frank Sinatra e Dean Martin.

Hai citato due volte le presenze indissolubili nel tuo cuore. Oltre ad Anna e Iannaci… chi altri?

Mio nipote Samuele di due anni e mezzo. E il prossimo nipotino che sta arrivando. Loro sono i primi.

Congratulazioni per il nascituro. Tornando ai talent, che opinione hai? Credi che sia un buon trampolino di lancio per chi magari vuole intraprendere una carriera come la tua? O suggeriresti percorsi diversi?

E’ una cosa da vedere alla lunga. Parafrasando Andy Warhol, un’ora di popolarità televisiva si concede a chiunque, è rimanerci per anni che è difficile. Deve passare dalla verifica del tempo. Io comunque, anche se il fenomeno fosse esploso all’inizio della mia carriera, avrei scelto la gavetta a teatro, come ho fatto. Solo così si pongono le basi fondamentali per questo percorso artistico.

Dalla gavetta alla popolarità… Tra i tanti, qual è il ricordo che conservi con più piacere? 

I dodici anni passati con il trio. La punta di diamante è stata coi Promessi Sposi, mi tornano alla mente come emozioni la grande condivisione da parte del pubblico, il fatto di rimanere nella memoria della gente. Ora ci definiscono ‘cult’ ma non è il successo quello che conta, quanto la gratitudine che ti esprime la gente per quello che hai fatto e per quello che hai lasciato. Se il trio ci fosse ancora ai giorni nostri? Non saprei, ora i tempi di comicità sono cambiati, va tutto più veloce. In uno sketch di otto minuti a Zelig, per fare un esempio, passano quattro artisti diversi. Saremo spiazzati da questa velocità e voracità.

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