Attualità
9 Marzo 2017
Si abbassa l'età media fino a 15 anni. Nessun caso under 20 nella provincia estense. Dal 2006 ad oggi diagnosticati 251 nuovi casi

L’Aids esiste ancora. Sono 611 i malati a Ferrara

di Elisa Fornasini | 4 min

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Se ne parla poco, ma l’Hiv esiste ancora e colpisce persone sempre più giovani: nel 2015 in Italia sono stati riscontrati ben 300 casi fra 18 e 25 anni e 12 casi fra ragazzi tra i 15 e i 17 anni. Un preoccupante abbassamento di età che per ora non ha toccato Ferrara, dove non sono stati registrati casi nella fascia d’età al di sotto dei 20 anni.

Attualmente a Ferrara sono seguiti 611 pazienti, di cui 567 in terapia mentre i restanti 44 hanno preferito non curarsi. Dal 2006 ad oggi sono stati diagnosticati 251 nuovi casi con una media di 25-30 casi ogni anno. Negli ultimi anni si è notata una riduzione del numero dei nuovi casi che però, sommati con quelli precedenti, vede il bacino di pazienti che tende a crescere.

Il target dei malati nel territorio ferrarese è principalmente maschile (82%) nella fascia d’età fra i 30 e i 49 anni (65%) mentre si abbassa considerevolmente per i giovani fra 20 e 29 anni (10%). Si tratta per lo più di italiani (79,4%) che hanno contratto il virus con la trasmissione sessuale (80%).

Sono solo alcuni dei dati emersi durante la quarta commissione consiliare convocata giovedì pomeriggio per “mantenere alta l’attenzione su questo tema non solo il 1° dicembre, giornata mondiale contro l’Aids, ma tutto l’anno in maniera costante” annuncia l’assessore Chiara Sapigni.

Dai dati snocciolati da Laura Sighinolfi, referente della commissione interaziendale per l’Aids dell’Unità organizzativa Malattie Infettive dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Ferrara, si scopre che ci sono 30mila nuovi casi all’anno in Europa e 3500 in Italia, dove si stimano 140mila persone malate escludendo il 10% della popolazione sieropositiva senza sapere di esserlo.

L’Emilia Romagna è terza per incidenza dopo Lazio e Lombardia, e a pari merito con la Liguria, e registra circa 400 nuovi casi all’anno, con un incremento nel numero di diagnosi nella popolazione straniera, in particolar modo per le donne.

In tema di incidenza Ferrara è allineata con le altre province della regione, l’unica che si distacca un po’ dalla media è Bologna dove ci sono più gay. La rilevanza maggiore infatti continua a essere nel mondo omosessuale rispetto che a quello eterosessuale, considerato che la trasmissione è prettamente sessuale e non più derivata dai tossicodipendenti come all’inizio dell’epidemia negli anni ’80.

Le criticità dopo 30 anni riguardano la prevenzione per le nuove infezioni e il ritardo di diagnosi nella metà dei casi perché “questa patologia è gravata da uno stigma importante – spiega Sighinolfi -, fare il test Hiv viene visto come una sorta di giudizio morale per cui non c’è la diffusione del test come dovrebbe essere”. Per questo la commissione interaziendale, sia regionale che locale, promuove interventi di informazione e prevenzione rivolti sia al personale sanitario che alla popolazione tramite il Testing Day, l’offerta del test ai richiedenti asilo e ai gruppi a fragilità sociale e, infine, incontri nelle scuole.

La scuola è un tema che fa discutere. “L’adesione degli istituti è a macchia di leopardo perché la gestione è affidata ai dirigenti scolastici e non si riesce a tradurlo tra le materie obbligatorie” fa sapere la rappresentante dell’azienda sanitaria. Ilaria Baraldi (Pd) propone di cominciare a fare informazione già dalle medie, Alberto Bova (Fc) rincara con l’idea di renderlo obbligatorio e mostrare foto shoccanti per “creare paura nei ragazzi”. La “pubblicità splatter” non piace all’assessore Sapigni perché “non funge da deterrente”, e allora si “punta a incrementare gli incontri di Promeco sui corretti stili di vita”.

Sul tavolo altre proposte per allargare la disponibilità del test Hiv (disponibile tutti i giorni, gratuitamente, senza impegnativa e in anonimato presso l’ambulatorio di malattie infettive). Dal 1° dicembre il test di autosomministrazione su sangue è in vendita in farmacia al costo di 20 euro anche se la stessa Paola Peruffo (FI) che gestisce una farmacia in Veneto non ne era a conoscenza perché “non abbiamo ricevuto informative o stimoli in questo senso, mi informerò”.

Per superare la vergogna che ancora vige su questo finto tabù, Bova propone di inserire i test nei distributori che vendono profilattici. L’ipotesi piace a Alessandro Balboni (FdI) che si informa anche sulla situazione dei richiedenti asilo, scoprendo che “più dell’80% accetta di sottoporsi al test – replica Sighinolfi -; loro hanno più paura di noi perché in Africa Hiv vuol dire morte, mentre da noi le aspettative di vita di una persona sieropositiva sono le stesse di una persona sana”. L’ultima proposta del consigliere di Ferrara Concreta di fare il test Hiv obbligatoriamente anche senza il consenso del paziente è vietata dalla legge. Legale invece la richiesta di Alessandro Talmelli (Pd) di coinvolgere maggiormente famiglie, genitori e associazioni nel trasmettere buoni comportamenti ai giovani.

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