Cronaca
23 Febbraio 2017
Due imputati per una storia da thriller comedy, il fidanzato basista e il rapinatore mascherato riconosciuto in foto dalla vittima

Escort sadomaso riconosce il rapinatore. Ma lui è mascherato, lei ipovedente

di Daniele Oppo | 2 min

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Sfugge all’alt. “Non sapevo che erano poliziotti locali”

È stato interrogato ieri (mercoledì 27 marzo) il 26enne ferrarese che, lo scorso 28 febbraio, mentre si trovava a bordo della sua automobile, lungo via Baluardi, non si sarebbe fermato all'alt che gli era stato imposto da un poliziotto locale in abiti civili

Una storia che nemmeno i migliori sceneggiatori di una thriller comedy coi fiocchi riuscirebbero a scrivere. Gli attori sono tre. Lei, la vittima, una escort sadomaso ipovedente e gli altri due, gli imputati per rapina: il suo compagno, S.B., 49 anni, e l’amico A.N, 41 anni.

Esterno notte. 12 ottobre 2013, ore 22,20 circa, sotto casa di lei. Secondo la procura S.B. e A.N avrebbero organizzato una rapina in casa della donna, a Ferrara, per rubarle i soldi che aveva guadagnato con l’attività di escort. S.B. dà le indicazioni all’amico, su dove trovare il bottino, e fa da palo. A.N. suona al citofono, si presenta come “Mauro” e si copre il viso.

Interno notte. Una volta aperta la porta, A.N. spinge la vittima con forza, la getta a terra, e prende 300 euro che custodiva nella borsetta. Ma il bottino vero è altrove, e infatti si dirige subito verso l’armadio della camera da letto, apre l’anta sinistra, fruga, fruga, fruga, ma non trova niente. Lì ci sarebbero dovuti essere 5-7mila euro, solo che la donna li aveva consegnati alla madre proprio il giorno prima. Lui scappa con le pive nel sacco, lei denuncia l’episodio.

Circa un anno dopo la donna – che, ricordiamo, è ipovedente – viene convocata dalle forze dell’ordine che le mostrano otto fotografie. Riconosce un volto: è A.N., che però avrebbe agito mascherato.

Viene indagato lui, e viene indagato anche il compagno della donna, fino al rinvio a giudizio per entrambi, con il processo iniziato mercoledì mattina davanti al tribunale collegiale. Ma che c’entra S.B. (che ancora convive con la vittima)? Il fatto è che, secondo quanto raccontato da lei stessa, solo due persone sapevano della sua attività di escort: la madre e proprio il suo fidanzato, che sarebbe stato il basista di tutta l’operazione.

Gli inquirenti tracciano anche i cellulari. Quella sera A.N. stava riaccompagnando S.B. da una trasferta a Verona. Alle 21.59 il cellulare di quest’ultimo aggancia la cella di Stienta (Rovigo), a circa 20 km dalla casa della vittima. Uno spazio, dunque, di circa 20-30 minuti di tempo per raggiungere l’abitazione e prepararsi all’azione. Sufficienti? Plausibili? Per la procura evidentemente sì, per la difesa (avvocati Davide Bertasi e Camilla Zanardi per B.S. e Aldo Andriulli per A.N) no, e su questo si giocherà buona parte del processo.

Si ritorna in aula a fine ottobre.

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