Lettere al Direttore
21 Gennaio 2017

Il sistema nervoso della città

di Redazione | 3 min

Non sono in molti a saperlo ma nel 2015 è arrivata a Ferrara la prima rete radio destinata alla “Internet of Thing” (IoT), cioè la famosa “Internet delle Cose”. Nel nostro caso particolare si tratta della rete SigFox, sviluppata dalla omonima società francese e dispiegata sul territorio italiano dalle stesse aziende che si occupano della gestione delle antenne per le telefonia cellulare. Usate il solito San Google per trovare tutte le informazioni del caso. Sul web c’è anche la mappa di copertura radio.

Cosa ce ne dovrebbe fregare?

Se avete un sistema senza fili per la gestione della casa (cioè un sistema di “domotica” “wireless”), di sicuro sapete che grazie a questo sistema è possibile accendere il riscaldamento della vostra casa al mare mentre vi trovate a Ferrara usando un’apposita “app” per smartphone. Nello stesso modo, è possibile essere avvisati sullo smartphone, dovunque vi troviate, se qualcuno tenta di entrare nella vostra casa del mare senza autorizzazione. Queste capacità di controllo remoto sono rese possibili da una serie di sensori e di attuatori, installati in vari punti della casa, che “parlano” via radio con una centralina, anch’essa installata in casa. La centralina, poi, “parla” con il vostro smartphone usando la rete dati del telefono (GPRS, UMTS, LTE, etc.).

Le reti LPWAN (Low Power, Wide Area Network), come SigFox, permettono di fare la stessa cosa ma su una scala molto più ampia. La rete SigFox copre ormai quasi tutto il territorio italiano e rende possibile creare un sistema di domotica in grado di sorvegliare e gestire un’intera città (o persino intere regioni). Potremmo chiamarlo un sistema di “urbotica”. In pratica, un “sistema nervoso” in grado sia di ricevere informazioni da sensori di vario tipo che di inviare ordini ad appositi attuatori elettrici e/o meccanici.

Grazie a sistemi di questo tipo, ad esempio, è già possibile accendere e spegnere i semafori a distanza, è già possibile accendere e spegnere il riscaldamento nelle scuole senza far intervenire il bidello e – soprattutto – è già possibile venire avvisati se una persona tenta di introdursi abusivamente in un immobile abbandonato che si trova a decine di km dalla sala controllo. È anche possibile ricevere l’allarme lanciato da un esercente durante una rapina o ricevere la richiesta di aiuto proveniente da una persona in difficoltà in un’area rurale. È persino possibile chiudere una porta a distanza o far alzare dei paracarri automatici (come quelli che sono stati installati sul “listone”), in modo da negare ai criminali una possibile via di fuga. Tutto questo senza dover stendere fili e senza dover installare una centralina di controllo ed una SIM telefonica in ogni angolo della città.

Come si può facilmente capire, sono queste le soluzioni tecniche che nel prossimo futuro ci permetteranno davvero di affrontare i problemi di degrado, di microcriminalità e di illegalità di cui una parte della popolazione si lamenta con tanta insistenza. Saranno sempre questi sistemi a permetterci di affrontare con successo i problemi tipici di una popolazione sempre più fragile ed anziana. Questi sistemi tecnologici, insieme ad altri (telecamere intelligenti, biometria, telemetria medica, sensori di vario tipo, nuovi tipi di “dissuasori” e di attuatori, etc.), potranno darci quella sicurezza e quella legalità che la politica, con le sue rozze e medievali manovre muscolari, non è mai riuscita a garantire.

Tutto quello che noi, come individui, e le amministrazioni pubbliche, come istituzioni collettive, dobbiamo fare per ottenere questo risultato è farci trovare pronti. Non possiamo arrivare al primo contatto con queste tecnologie del tutto impreparati, come è già successo con computer e con i Bancomat. Dobbiamo cominciare a studiare ed usare questi sistemi adesso, sia a livello individuale (domotica, sistemi di allarme, etc.) che a livello di amministrazione pubblica (“smart cities”, “urbotica”, etc.).

Alessandro Bottoni

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