Eventi e cultura
19 Gennaio 2017
Accordo per il deposito delle 109 opere alla Pinacoteca fino al 2027. Finita l’epoca delle acquisizioni

Il patrimonio della Fondazione Carife resta in città

di Redazione | 3 min

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di Silvia Franzoni

Il patrimonio artistico che dal 1961 la Cassa di Risparmio di Ferrara ha gradualmente acquisito – si ricorda, per esempio, l’acquisizione Sacrati Strozzi del ’92 – potrebbe restare a Ferrara potenzialmente per sempre: a legarlo alla città c’è un vincolo ministeriale che ne attesta il valore storico-artistico, ne evidenzia il vincolo di unitarietà – si tratta infatti di una ‘collezione’ – e ne esplica il legame con il territorio. C’è poi la firma odierna, quella apposta dalla direttrice delle Gallerie Estensi Martina Bagnoli e dal presidente della Fondazione Carife Riccardo Maiarelli, sul rinnovo decennale del deposito delle opere della Fondazione alla Pinacoteca Nazionale. Ma le cose sono un po’ più complicate.

La firma che rinnova fino al 2027 il deposito nelle sale della Pinacoteca riguarda 109 opere, quelle di proprietà della Fondazione che nel 2004 le ha rilevate dalla Cassa di Risparmio. Una collezione di indubbio valore: lo testimoniano, ricorda Maiarelli, “le richieste di prestito da Pechino e San Pietroburgo”, o la stessa apparizione ad Expo del ‘Bacco’ del Bastianino, che il critico d’arte Vittorio Sgarbi ha voluto a Milano.

“Questa firma è una pietra miliare, la Fondazione ha saputo interpretare il volere della città garantendole la permanenza del suo prezioso patrimonio”, spiega la direttrice Bagnoli, e aggiunge: “speriamo che anche il nuovo acquirente possa essere così illuminato, garantendo quantomeno la fruizione”. Ci sono infatti opere che restano di proprietà della Spa, la Cassa di Risparmio, e ne seguiranno il destino ora che è in fase di acquisizione. Un patrimonio, quello della sede di corso Giovecca, che i relatori non hanno saputo quantificare numericamente ma che dicono consistere “soprattutto in opere del ‘900”: le sculture di Annibale Zucchini, qualche opera di Giuseppe Zola e “un Tiziano, sì, un capolavoro di Tiziano”, ricordano. Riguardo a queste opere la permanenza in città è solo auspicata, e la si rimette “al buon cuore del compratore di Carife”.

La firma mette dunque un punto fermo su diverse questioni. Segna anzitutto “la messa in stabilità di un patrimonio”, come evidenzia Mairelli, perché il vincolo volontariamente preso tra le parti è quello per la “visibilità, valorizzazione e studio” delle 109 opere, in gran parte esposte al piano nobile di Palazzo Diamanti e già in deposito alla Pinacoteca, che ne disporrà almeno fino al 2027. Segna anche, almeno sulla carta, che le opere che compongono una collezione sì unitaria ma di proprietà differenti seguiranno, Soprintendenza permettendo, il destino dei loro proprietari. Ed è poi anche il punto di non ritorno per le attività di acquisizione della Fondazione, che fino al primo decennio degli anni duemila aveva garantito alla città “un progetto di acquisizione che dubito potrà essere continuato da qualche altro soggetto, se non statale”, chiosa Maiarelli. E con gli enti statali le procedure si complicano e allungano sempre, ricorda Bagnoli. “Si sentirà la mancanza della Fondazione”, taglia corto.

Per la Pinacoteca intanto si apre – o meglio, si sta aprendo – un nuovo capitolo: l’arrivo dei fondi ministeriali permette di avviare con Soprintendenza e Provincia una riflessione sul trasloco in Castello Estense. “Non c’è un progetto ora”, si affretta a precisare Bagnoli, ma non nasconde “che i pro sono più dei contro”: la possibilità di spazi per la didattica e per il bookshop – “qui non abbiamo neanche bagni né punti ristoro”, ricorda – e poi un percorso museale ad anello, il miglior posizionamento e la fine della “contesa” di pubblico con i Diamanti; ma tutto a tempo debito, “se ne parlerà poi”. Resta che per certo gli affreschi non potranno lasciare i muri del piano nobile di corso Ercole I d’Este, e così anche altri quadri: “è una questione fisica, non c’entrerebbero”.

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