Cronaca
13 Gennaio 2017
Ruszo e Fiti non si sottopongono all'esame, secondo il medico legale il pensionato è morto per asfissia, probabilmente nel casolare abbandonato

Omicidio Tartari. La testimonianza di ‘mamma Rosy’

di Daniele Oppo | 6 min

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Doveva essere il giorno dell’esame degli imputati – Patrik Ruszo e Constantin Fiti, accusati di aver ucciso Pier Luigi Tartari il 9 settembre 2015, in seguito alla rapina andata male nella casa di Aguscello – ma hanno deciso di rimanere ai loro posto, disponibili eventualmente a rilasciare solo dichiarazioni spontanee.

La testimonianza di ‘mamma Rosy’. Ma l’udienza di venerdì 13 gennaio davanti alla corte d’assise non è stata certo di minore importanza. Perché sul banco dei testimoni è salita Ruzena Sivakowa, detta Rosy, mamma di Patrik Ruszo, pedina fondamentale di tutta la vicenda. Se il capo Ivan Pajdek l’ha identificata come la basista della rapina, lei invece descrive una situazione opposta, in cui il suo ruolo è solo quello di una madre preoccupata per le cattive compagnie di un figlio – Uber su tutti -che non riesce a controllare e che vorrebbe tornasse a casa, dove ha i figli e una moglie.

Racconta di quella sera, quando sentì dei passi nel giardino e chiamò il compagno (anche lui chiamato a testimoniare), trattenendolo per un’ora al telefono, impaurita. Dice di essere uscita fuori, di aver sentito il signor Tartari dire “non ho nulla”, di aver sentito il cane abbaiare “come mai prima”, ma anche di non aver visto nessuno aggirarsi nella casa del pensionato. Quella stessa notte provò a chiamare il figlio al telefono in dotazione a “Uber”, ma senza ricevere risposta.

Patrik lo vide il giorno dopo, al Darsena City, quando lui arrivò con Fiti e Pajdek: “Gli ho chiesto se era successo qualcosa, era triste. Poi mi ha chiesto se potevo prestargli soldi e gli ho dato 30 euro. Fiti si infilava sempre in mezzo. Mi sono arrabbiata perché non ci lasciava da soli”. A metterla di fronte alla verità sarebbe stata sua cugina Agata, che per qualche motivo sapeva già tutto, anche se lei poi negherà rischiando una denuncia per falsa testimonianza: “Agata mi diceva che Patrik, Uber e l’altro rumeno erano gli autori della rapina al signor Tartari. Io le ho detto che non ci credevo, che non lo avrebbe fatto con me così vicina, Patrik non lo farebbe mai”. Si sbagliava, e sua cugina non è l’unica parente con cui il ragazzo si è aperto: “Penso che Patrik abbia parlato con mia madre e il suo compagno del fatto di Aguscello – racconta ai giudici -. Mia madre ha raccontato quanto gli aveva confessato Patrik. Mi sono arrabbiata perché non mi avevano detto nulla, loro sono scappati in Germania per paura. Ho picchiato mia madre perché non mi ha detto la verità e poteva aiutare“.

Poi l’incontro in carcere dove “gli ho chiesto come poteva aver fatto una cosa del genere, non l’ho cresciuto così, ho sei figli, nessuno è andato in carcere o ha avuto problemi con polizia. Penso che fosse drogato – dice e poi racconta anche di sapere che era Uber a comprargli la droga “alla Caritas, dai marocchini” – non voglio difenderlo perché è mio figlio, ma non è così il ragazzo. Non mi ha raccontato quello che è successo, ma mi ha chiesto scusa. Posso dimenticare ma non perdonare“.

Le contraddizioni. Ma è una versione che non soddisfa affatto l’avvocato Eugenio Gallerani, che rappresenta i fratelli Marco e Rita Tartari, fratelli di Pier Luigi, che la incalza. Le contesta tante telefonate, intercettate dalla polizia, in cui sembra che sappia del coinvolgimento del figlio ben prima che egli venga catturato, e che anzi insista e faccia di tutto – compreso dargli dei soldi – per aiutarlo a scappare. Lei dice che era preoccupata per i fatti di Coronella – “Ha fatto un altro furto con Pajdek, ma non hanno rubato niente e lui ha detto che era fuori” – non per quanto accaduto a due passi da dove lavorava. Ma ci sono passaggi – come il fatto che veda i giornalisti e la polizia aggirarsi nella casa di Tartari, che abbia capito che Fiti aveva parlato e ne parli preoccupata, intercettata al telefono con il figlio – che non supportano esattamente la sua spiegazione. Tanto che il presidente della Corte, il giudice Alessandro Rizzieri, la ammonisce: “Lei ha l’obbligo di dire la verità, a me non pare che lo stia facendo. O ci dice la verità o dichiara di non volere più rispondere, però non ci può prendere in giro”. L’avvocato Gallerani insiste, ma lei resiste nella sua posizione. La procura valuterà, ma le supposte contraddizioni non sembrano così nette da farle rischiare una denuncia.

Zia Agata rischia la denuncia per falsa testimonianza. Discorso diverso invece per la cugina Agata Farkasova, zia anche della fidanzata di Pajdek, che nega di aver saputo prima della cattura di Ruszo del suo coinvolgimento nella vicenda Tartari. Esattamente il contrario di quanto raccontato alla polizia e di quanto poi riscontrato proprio con ‘mamma Rosy’: le varrà con altissima probabilità una denuncia per falsa testimonianza.

Tartari morto per asfissia, probabilmente nel casolare. Sentita come consulente anche il medico legale Rosa Maria Gaudio, che ha effettuato l’autopsia sul corpo di Tartari, constatando una morte molto verosimilmente per asfissia grazie a tre giri di nastro avvolti nella bocca, a cui è stata aggiunta una t-shirt annodata a coprire con molta probabilità anche il naso e poi ben otto giri di nastro isolante a completare l’opera. Tartari – la cui parte superiore del corpo era già in avanzatissimo stato di decomposizione quando è stato trovato – presentava inoltre delle fratture al costato e la frattura scomposta del malleolo sinistro, avvenuta sicuramente durante la rapina. Il ritrovamento nello stomaco e nella prima parte del duodeno dei resti della cena (una pizza salsiccia e funghi), portano a concludere che la morte sia avvenuta tra le cinque e le otto ore dall’ultimo pasto. Secondo la Gaudio “la posizione delle ipostasi trovate (il vigor mortis, ndr) sono compatibili con una posizione prona”, la stessa che aveva il cadavere al momento del ritrovamento e per questo c’è una buona probabilità che Tartari sia morto nel casolare e non nella sua villa.

Prima di loro ha testimoniato la signora Cinzia Lodi, figlia della donna a cui Rosy prestava assistenza, che ha confermato di aver visto Fiti e Ruszo nell’abitazione e di essersi arrabbiata per questo e di aver parlato con la Ruzena il giorno dopo: Rosy si presentò di sera accompagnata dal fidanzato (Luca D’Allocco, che ha testimoniato sul fatto dopo di lei) e le disse di essere preoccupata per il signor Tartari. Fatto considerato strano, perché il giorno prima non le era sembrata affatto agitata. Fu la signora Piva a trovare poi un televisore sotto il letto in cui dormiva Rosy: era una specie di pegno dato da Pajdek in cambio del prestito di 250 euro, spiegherà dopo la stessa Ruzena.

Processo verso la conclusione. Si ritorna in aula il 27 dicembre per sentire gli ultimi testimoni e iniziare la discussione (che proseguirà a febbraio) in un processo che corre spedito verso la conclusione.

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