Spettacoli
8 Dicembre 2016
Il rappresentante dell’opera palermitana rende omaggio ad Ariosto al Comunale

Mimmo Cuticchio e i suoi pupi alla ricerca di Orlando

di Redazione | 3 min

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Foto di Marco Caselli Nirmal / Fondazione Teatro Comunale di Ferrara

Foto di Marco Caselli Nirmal / Fondazione Teatro Comunale di Ferrara

di Federica Pezzoli

A Palermo di fronte al Teatro Massimo, c’è il “teatro minimo, minimo” dei Figli d’Arte Cuticchio, tra i maggiori rappresentanti dell’opera dei pupi siciliana, arte riconosciuta dall’Unesco come patrimonio orale e immateriale dell’umanità.

Artigiano e uomo di teatro, Mimmo Cuticchio, erede di una delle più antiche famiglie dell’opera palermitana, martedì sera sulle tavole del palcoscenico del Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara ha reso omaggio ad Ariosto e alle vicende di Orlando e dei Paladini di Carlo Magno con “La pazzia di Orlando. Ovvero il meraviglioso viaggio di Astolfo sulla luna”.

L’arte dei pupi e dei pupari è una tradizione di cui, come ammette lo stesso Cuticchio al termine della rappresentazione, “siamo gelosi”; nello stesso tempo però c’è la piena consapevolezza che una tradizione deve essere continuamente vivificata, o meglio le va “levata la polvere”, continua il puparo.

Ecco allora che, fin da quando ha fondato l’associazione nel 1977, Mimmo Cuticchio con suo fratello e le rispettive famiglie hanno introdotto nuove sperimentazioni, sia nella tecnica sia nel repertorio. Ne “La pazzia di Orlando. Ovvero il meraviglioso viaggio di Astolfo sulla luna”, Cuticchio non solo dà vita a un teatro di figura a scena aperta, cioè con la manovra a vista al di qua del piccolo boccascena del teatrino, ma inserisce un’altra antichissima tradizione meridionale: quella del cunto, facendosi artigiano della parola e della materia allo stesso tempo.

Sul palco con lui ci sono gli altri ‘manianti’: la sua prima allieva Tania Giordano, sua nipote Tiziana Cuticchio e suo figlio Giacomo. Anche lui ha introdotto la propria parte di innovazione: ha scritto le musiche che accompagnano la narrazione del padre, eseguite dal vivo dal Giacomo Cuticchio ensemble: Marco Badami (violino), Alfia Bakieva e Francesco Biscari (violoncello), Mauro Vivona (corno), Nicola Mogavero (sassofono baritono).

Come per incanto tradizione, maestria artigianale e innovazione si mescolano perfettamente creando una macchina di sogni che incanta spettatori di qualsiasi età, portandoli dalle mura di Parigi assediata da Agramante al Castello di Atlante e poi sulla luna in sella all’Ippogrifo fino ad arrivare alle coste dell’Africa. Cuticchio solleva il drappo nero ed eccoli schierati: i pupi paladini nelle loro splendenti armature, ognuno con un cimiero di colore diverso, da una parte e i pupi saraceni con la mezzaluna dall’altra. Cuticchio fa prendere loro vita, con semplici variazioni di tono e una forza affabulatoria naturale e diretta, si animano sotto il tocco delle sue mani e di quelle degli altri manianti: non c’è uno uguale all’altro nelle sembianze o nella sfumatura della voce. Mentre combattono fra loro, al ritmo della musica composta da Giacomo Cuticchio ispirandosi ai motivi della tradizione, è come se danzassero e i pupari assieme a loro.

E anche se il pubblico sa già come andrà a finire, assiste con il fiato sospeso al combattimento fra cristiani e saraceni, a quello di Astolfo contro spiriti e draghi davanti al castello di Atlante, è rapito dal cielo stellato nel quale fluttua l’Ippogrifo e si identifica almeno un po’ in questo paladino “un po’ chiacchierone” e così profondamente umano.

Alla fine di “questa serata così speciale” Mimmo Cuticchio ha invitato tutti ad andarlo a trovare nel suo laboratorio nel centro storico di Palermo. Nel caso vi troviate nei paraggi forse vale davvero la pena di fare un salto in quella fabbrica di sogni ed entrare in questa isola che non c’è tutta italiana.

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