di Federica Pezzoli
“Un manifesto di amore per la danza e la musica”: così Emio Greco, danzatore e coreografo, ha definito “Passione”, la pièce creata a quattro mani con il suo collaboratore di sempre, Pieter C. Scholten, per il Ballet National de Marseille e andata in scena sabato sera al Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara. Fin dall’inizio del loro sodalizio artistico Greco e Scholten vedono la danza come una “passione” nel senso di “sacrificio, dono di sè” e, inutile dirlo, provano per l’arte coreutica una “passione” intesa come “senso di inevitabilità e di necessità di continuare a condividerla”.
Ecco da dove deriva questa “Passione” su musiche di Bach – La Passione secondo Matteo, Toccata e fuga in Re minore, Preludio in do minore e Passacaglia in do minore – nell’adattamento del musicista Franck Krawczyk, che ha la propria origine già nel manifesto artistico del duo Greco-Scholten, “Le sette necessità” del 1996. Come il coreografo, anche il musicista nell’incontro con gli spettatori al termine dello spettacolo ha voluto dare la propria definizione dello spettacolo: “è un pezzo che chiede una reazione passionale dal pubblico”, una performance “al tempo stesso piacevole e impossibile”. E poi ha aggiunto: “un capolavoro si può definire tale non quando è diretto a tutti, ma quando si rivolge a ciascuno”.
Il riferimento è sicuramente alle musiche di Bach, ma forse anche all’incredibile lavoro dei coreografi su ciascuna delle sette individualità dei solisti che vediamo sul palcoscenico: anche quando ballano insieme al termine dello spettacolo, ognuno ha una cifra specifica, un proprio movimento che rimane inconfondibile, eppure in armonia con gli altri. Coralità e individualità, sette corpi a comporre un solo corpo di ballo. Sul palcoscenico sabbioso regna il pianoforte di Krawczyk, mano a mano i sette interpreti danzano per il pubblico sette emozioni, o meglio “intenzioni” come loro stessi le hanno definite: curiosità, dialogo, gioco, contraddizione, dubbio, sfida, testamento. Prende vita un incontro-confronto-scontro fra i linguaggi non verbali della danza e della musica, fra i movimenti dei danzatori e la partitura di Krawczyk.
La scena progressivamente si anima di microracconti, tra mille riferimenti sacri e profani: l’uomo vitruviano di Da Vinci, la mela come simbolo di curiosità che può diventare conoscenza o peccato, la citazione di Atlante che porta sulle spalle il mondo, fino all’assolo sulla contraddizione, tanto sensuale quanto casto e commovente nella riproposizione della posa di Gesù crocifisso. C’è spazio per l’ironia del danzatore-clown con il naso rosso, per la potenza del danzatore che sfida lo spettatore con una danza di rivolta, e infine in tutto il balletto ci sono grazia e solennità, grazie anche ai costumi di Clifford Portier e al disegno luci di Henk Danner.
“Passione” è una pièce rigorosa, potente, toccante, generosa, curata nei minimi dettagli. È un lavoro con una doppia anima: danza e musica risuonano l’una nell’altra e si danno forza l’una con l’altra, facendo nascere una forma diversa di spettacolo, tra il concertante e il danzante, un altro tipo di bellezza, che nasce dai contrasti, dalle dissonanze, dalle forzature dei confini della forma. Fino a infrangere il confine fra pubblico e danzatori con un originale fuori programma: i sette ballerini concedono il bis dell’ultima, magnifica, parte corale della coreografia, ma per farlo scendono in platea perché anche questa danza si animi della loro passione e diventi condivisione e dono di sé.
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