Attualità
26 Ottobre 2016
Belinda, Joy e Faith raccontano il loro viaggio e da che cosa sono fuggite

“Ci hanno cacciato perché non capiscono le nostre storie”

di Redazione | 4 min

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Belinda, Joy e Faith

Belinda, Joy e Faith

di Federica Pezzoli

Si chiamano Belinda, Joy e Faith, vengono dalla Sierra Leone e dalla Nigeria, sono tre delle dodici ragazze che avrebbero dovuto essere ospitate a Gorino. Nel pomeriggio hanno accettato di incontrare i giornalisti nella sede di Asp di via Porta Reno, dove per il momento hanno trovato ospitalità dopo che il bus che le trasportava la scorsa notte è stato fermato a Comacchio e fatto tornare indietro a causa delle proteste della popolazione del paese e di quelli vicini.

Si vede che sono esauste, parlano con un filo di voce, tengono i cappucci delle felpe sulla testa e lo sguardo basso, guardano solo Kevin, il mediatore che ci fa da interprete: forse è il loro modo di mantenere una distanza, di difendersi dalla nostra ingombrante presenza e dalle nostre domande a volte invadenti. In fondo perché Joy, che è all’ottavo mese di gravidanza, ci dovrebbe dire se il bambino che aspetta è un maschio o una femmina e come lo vuole chiamare.

Sono finite loro malgrado al centro di un caso mediatico e politico, che ha ben poco a che fare con ciò che loro pensano, provano, vorrebbero. “All’inizio non capivamo cosa stava succedendo, non credevamo che non ci volessero, ci siamo rimaste male quando abbiamo capito che la popolazione non ci voleva”. Però vale la pena di raccontare le loro storie perché quando chiedo loro se pensano che la popolazione non le abbia volute perché ha paura o perché non conosce le loro esperienze, loro rispondono: “Lo hanno fatto solo perché non conoscono, non capiscono le nostre storie”. Dietro questa frase la speranza che se sapessero da dove vengono e cosa hanno passato le accoglierebbero.

fgSono arrivate in Italia sabato in serata, ma non sanno dove, non sono state capaci di capirlo. Già domenica mattina sono arrivate in aereo a Bologna e da lì sono state trasferite a Ferrara.

Belinda ha 22 anni, viene dalla Sierra Leone, dove faceva l’infermiera, è scappata perché il marito era perseguitato politico e quando è scappato di prigione “le autorità hanno cercato me per sapere dove si trovava, così ho dovuto fuggire”. Per il viaggio dalla Sierra Leone alla Libia ha pagato circa “100 dollari”, una volta arrivata però ha dovuto arrangiarsi e trovare qualcuno che le indicasse il posto da dove partono i barconi. Né lei, né Joy, né Faith hanno pagato per la traversata sui barconi.

Al momento della partenza dalla Libia Joy, 20 anni, incinta all’ottavo mese, ha perso di vista suo marito Lamid e ora non sa più niente del padre del suo bambino: “aiutatemi ad avere notizie se potete”. Joy è scappata dalla Nigeria a settembre con Lamid perché lei, cristiana, non voleva seguire la religione animista di suo padre. Per il viaggio fino in Libia ha pagato circa 420 euro. Ora, qui in Italia, vorrebbe studiare e sogna per il suo bambino “il miglior futuro possibile”.

Faith è scappata dal suo villaggio in Nigeria durante un’incursione di Boko Haram, l’organizzazione terroristica nigeriana che due anni fa ha rapito più di duecento ragazze. Non riesce ancora a capire come è riuscita a mettersi in salvo: “non so più nulla della mia famiglia, nemmeno se sono ancora vivi”. È scappata con altri verso il Mali e da lì si è diretta in Libia, dove ha trovato un arabo che le ha dato “cibo e un posto dove dormire e mi ha aiutata a trovare chi poteva farla partire per l’Italia”. In Nigeria non andava a scuola, ma anche lei come Joy vorrebbe studiare.

Appena il tempo di finire di parlare con noi e verranno trasportate in un’altra struttura, ora forse navigano in acque più tranquille, ma la loro odissea non è ancora finita.

Anche per le loro compagne, tutte giovani fra i 20 e i 22 anni come loro, sono state trovate sistemazioni provvisorie: quattro si trovano in un hotel di Massafiscaglia, quattro in una casa famiglia a Codigoro, una presso un centro Caritas cittadino. Al contrario di quanto sembrava in principio, il funzionario di Asp presente durante l’incontro ci conferma che nel gruppo non ci sono minori.

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